Cosa sarebbe successo se al posto di Matteo Renzi ci fosse stato Silvio Berlusconi? E’ una domanda molto curiosa, ma che a porsela penso siano solo i non votanti del Partito Democratico. Vediamo cosa sarebbe successo.
22 febbraio 2014– Silvio Berlusconi diventa Presidente del Consiglio senza passare per il voto. L’anno prima aveva giurato che mai sarebbe diventato premier senza il voto.
23 maggio 2014 – Partono le accuse di sessismo al neo Presidente del Consiglio. Metà dei ministri sono donne, e la Guzzanti sbraita: “Le sue ministre sono donne immagine” (fonte). Intanto i quotidiani vicini al Premier si vestono da “Vanity Fair”.
24 febbraio 2014 – Al Senato annuncia: “Partiremo, entro marzo, con la discussione parlamentare del cosiddetto Piano per il lavoro”. La discussione avviene 2 mesi dopo, il 22 aprile, e il 23 il testo incassa la fiducia alla Camera. E’ il cosiddetto Jobs Act, ma mancano le due promesse annunciate: la “Riduzione delle varie forme contrattuali, oltre 40, che hanno prodotto uno spezzatino insostenibile” e il “contratto di inserimento a tempo indeterminato a tutele crescenti”. Inoltre, l’obbligo di assunzione per le aziende che superano 20% di dipendenti precari viene sostituito con una multa. La sinistra contesta la mancanza tutela dei lavoratori, ritenendo che il Job Act favorisce gli imprenditori favorendo il precariato.
12 marzo 2014 – Silvio Berlusconi promette di presentare il disegno di legge per la riforma del Senato e del Titolo V della Costituzione entro febbraio. Un mese dopo prende tempo: “Ho illustrato ai ministri un testo di riforma del Senato (…). Diamo 15 giorni e poi si porta in Parlamento”. Nel Documento di Economia e Finanza 2014 presentato l’8 aprile, alla voce “Riforme costituzionali”, a pagina 4, si legge: “Approvazione in Parlamento in prima deliberazione (…) entro settembre 2014”.
13 marzo 2014 – E’ ospite a Porta a Porta per due ore senza contraddittorio e senza alcun provvedimento governativo da illustrare (che avrebbe giustificato lo spazio fornitogli). L’opposizione presenta un esposto all’Autorità garante delle comunicazioni per la «vergognosa violazione del pluralismo del servizio pubblico in favore del presidente del Consiglio».
13 marzo 2014 – Sempre a Porta a Porta, annuncia che entro il 25 maggio bisogna chiudere la partita della legge elettorale e la prima lettura della riforma del Senato. Siamo a giugno e non c’è ancora traccia. Intanto ne discute insieme al suo alleato Umberto Bossi, un condannato in via definitiva che all’inizio si era candidato contro Forza Italia, nella sede del suo partito. Uova lanciate al leader del carroccio (fonte). Un suo ministro, successivamente, dichiarerà che la nuova legge elettorale serve per mettere fuori gioco l’opposizione (fonte).
3 aprile 2014 – La maggioranza riduce le pene per il voto di scambio politico-mafioso. Travaglio denuncia: “Non c’è niente da stupirsi, i mafiosi se li portava a casa sua come stallieri”.
4 aprile 2014 – Il Presidente del Consiglio compare in televisione 292 minuti e 30 al giorno, circa 68 ore, 15 minuti e 56 secondi in 15 giorni.
Elezioni europee 2014 – Il Presidente del Consiglio promette 80 euro in più in busta paga. In conferenza stampa a Palazzo Chigi dichiara: “L’Italia si salverà solo con una netta politica di riduzione delle tasse. Gli 80 euro non sono né una mancia né un’elemosina, potete chiamarli così ma io la chiamo giustizia sociale. E rappresentano solo l’inizio”. L’opposizione denuncia il “voto di scambio”.
14 maggio 2014 – Promette gli 80 euro anche ai disoccupati e ai cassintegrati.
23 maggio 2014 – Promette gli 80 euro anche ai pensionati, dal 2015. L’opposizione insorge: “Vuole comprarsi i voti dei pensionati”.
Tra le altre promesse mancate, c’è anche quella della riforma della Pubblica amministrazione, che doveva arrivare entro fine aprile, tutto rimandato a giugno. Inoltre il suo partito è strettamente coinvolto nello scandalo Expo2015 e Mose, considerata la nuova Tangentopoli.
Come avrebbe reagito il Partito Democratico se la storia fosse stata questa? Pronti magari a dire “coi se e coi ma non si fa la storia“, ma servirebbe solo a sviare la domanda.
Meno 3, meno 2, meno 1… sono pronto al linciaggio mediatico dei piddini.
Nota – Quest’articolo dovevo scriverlo già tanto tempo fa, quando dicevo “Renzi mi ricorda Silvio”, ma son stato anticipato. L’articolo è stato ispirato da quello di Luisella Costamagna e pubblicato sul sito de Il Fatto Quotidiano. Ho voluto riportare in maniera schematica, ricca di fonti, con un pizzico di immaginazione in più e una bella immagine da diffondere.