La tassa sui cellulari: bufala sul telefonino?

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C’eravamo già passati a maggio, con la presunta tassa “obbligatoria” sui telefonini per un ammontare di 12,91 euro mensili per il solo possesso. Su Facebook numerosi utenti condividevano la notizia senza però aver letto attentamente l’articolo (normale amministrazione, ci si ferma per pigrizia al titolo che spesso trae in inganno).

Iniziamo con l’informare che esiste già una tassa sui cellulari: si chiama “tassa di concessione governativa“, esiste dal 1995 e riguarda gli intestatari di un abbonamento di telefonia mobile (i famosi 12,91 euro mensili se per uso affari o 5,16 euro mensili per i privati). Per provarvi dell’esistenza, pubblico di seguito la bolletta del mio cellulare privato, dove son ben presenti 10,32 euro (due mensilità).

Per sintetizzare: la tassa si applica solo se è previsto un pagamento a scadenza regolare, ossia un canone mensile, e non legato al semplice possesso dell’apparecchio.

C’è stato un tentativo di “eliminazione” della tassa nel 2013. Doveva essere prevista nel Decreto del Fare, dove al senato vennero presentati due ordini del giorno che impegnano il Governo ad abolire la tassa sui contratti di telefonia mobile e per ripristinare i fondi per la Banda Larga. Nulla di fatto, la tassa rimane.

L’articolo condiviso su Facebook, dal titolo “Obbligatoria la tassa sui telefonini: 12,91€ mensili per solo possesso“, nasce in seguito alla sentenza della Cassazione dove la tassazione viene dichiarata obbligatoria, nonostante l’illegittimità sollevata dalle commissioni tributarie venete e sostenuta da alcuni Comuni tra cui Padova. Il ricorso riguardava solo ed esclusivamente l’esenzione della tassa da parte degli enti locali, non di tutti i possessori. L’articolo pubblicato e condiviso da Vnews24.it lo dice, ma gli utonti si fermano al titolo (impreciso e genialmente ingannevole).

Da qualche giorno si discute della “nuova tassa” sui dispositivi mobile, che però non è del tutto nuova.  Con un decreto firmato Dario Franceschini, per i prossimi tre anni aumenterà il compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi (una tassa già prevista dalla legge sul diritto d’autore). Saranno i produttori a dover pagare, ma alla fine sappiamo bene chi paga veramente.

Parliamo quindi dell’aumento di una tassa già esistente, tuttavia considerevole, che riguarda i dispositivi elettronici che funzionano da archivi digitali (quindi sono inclusi anche smartphone e tablet). Se prima per uno smartphone con 16GB di memoria la quota era di 90 centesimi, con l’aumento si arriva a circa 4 euro. Non è raddoppiata… di più!

La proposta piace alla SIAE e sarebbe sostenuta da diversi personaggi del mondo della musica, come Ennio Morricone e Laura Pausini, e del cinema, come Paolo Virzì, Roberto Andò, Marco Risi.

Idea tutta italiana? A quanto pare no. Il tutto nasce da una direttiva dell’Unione Europea del 2001, la quale parla appunto di questo “equo compenso”. Paragoniamo i compensi con Francia e Germania:

  • 4 euro per gli smartphone con capacità di 16 gb (in Francia sono 8 euro e in Germania 36 euro);
  • 4 euro per i tablet, sempre con 16 gb di memoria (in Francia sono 8 euro e 40 centesimi e in Germania 15,18 euro);
  • 0,36 euro per le memory card con 4 gb di capacità (in Francia sono 0,32 euro e in Germania 0,91);
  • 0,20 euro per i dvd (in Francia sono 0,90 euro).

Conclusioni:

Non esiste alcuna tassa mensile obbligatoria per tutti i possessori di dispositivi mobile e tablet, ma solo per i possessori di un abbonamento ed esiste da anni.

La presunta “nuova” tassa non è altro che un aumento di una tassa già esistente e che si paga all’acquisto del dispositivo (una volta e una soltanto). Dovrebbero pagarla i produttori, ma i soldi per pagarla da dove vengono se non dalla vendita dei dispositivi stessi? I consumatori, ovviamente.

David Puente

Nato a Merida (Venezuela), vive in Italia dall'età di 7 anni. Laureato presso l'Università degli Studi di Udine, opera nel campo della comunicazione e della programmazione web.
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