Disinformazione: Kendall Jones, la cacciatrice che uccide animali in via d’estinzione

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Lei si chiama Kendall Jonesè una cacciatrice ed è ferocemente attaccata attraverso i social network come Facebook e Twitter.

Prima di continuare la lettura di questo articolo, vi invito a leggere questa mia precisazione: questo articolo non è scritto in difesa o per criticare la caccia, ma solo per dare una maggiore informazione rispetto a ciò che viene scritto sull’argomento e su questa persona.

La diffusione delle sue foto ha scatenato l’indignazione degli animalisti, i quali hanno aperto numerose petizioni per impedirle l’accesso nel continente africano. Ecco cosa scrivono su di lei:

Biondina, 19 anni, viso innocente e sorriso cordiale. Ma alle spalle una lunga sfilza di uccisioni a danno dei cosiddetti Big 5: elefanti, rinoceronti, leoni, leoparde e bufali del Capo. La novella Melissa Bachman si chiama Kendall Jones, fa la cheerleader in Texas ma nel tempo libero vola in Africa insieme al padre per sterminare creature innocenti. Da 10 anni.

La considerano una sterminatrice di creature innocenti, ma dietro le quinte ci sarebbe tutta un’altra storia.

Di recente la stessa Kendall Jones ha rilasciato un’intervista, oltre ad uno sfogo personale su Facebook, dove ha cercato di spiegare il perché del suo operato in risposta alle forti critiche e alle minacce di morte ricevute nei social media.

Di seguito vedrete alcune foto di Kendall Jones in due diversi periodi della sua vita, alcune rimosse da Facebook.

Accusata di aver ucciso un rinoceronte bianco in via d’estinzione, nell’intervista racconta che non lo ha ucciso. L’animale era infortunato ad una gamba, probabilmente per colpa di alcuni leoni che l’avrebbero aggredito. Lo ha sedato con un dardo e grazie al suo operato un veterinario gli ha ripulito la ferita, gli ha somministrato degli antibiotici, ed infine lo ha etichettato e registrato.

In merito alle accuse di aver ucciso un leopardo, l’animale in questione era colpevole di aver ucciso 107 capi di bestiame in un villaggio dello Zimbabwe. La caccia era perfettamente legale e i soldi per il permesso della caccia sono versati al villaggio danneggiato dal leopardo.

Per quanto riguarda il leone ucciso, la motivazione è la conservazione della fauna locale. Per qualcuno potrebbe suonare assurdo, ci sarebbe una ragione logica in tutto ciò. Il leone dominante vive in branco con diverse femmine, ma se i leoni maschi sono troppi ne deriva una cruenta lotta per il predominio dove vengono uccisi anche i cuccioli di leone maschio.

In questa maniera si potrebbe salvaguardare la crescita dei cuccioli e della conservazione della specie. Il tutto avviene solo ed esclusivamente tramite dei permessi rilasciati a pagamento, altrimenti staremo parlando di bracconaggio.

Senza questi permessi, e le entrate di denaro che vengono distribuite tra governo e popolazioni locali, sarebbero gli stessi abitanti dei villaggi ad uccidere i leoni indiscriminatamente.

Per quanto riguarda invece l’elefante ucciso, Kendall racconta che era ferito alla proboscide da un filo usato dai bracconieri. Inoltre gli elefanti, se non controllati, distruggono le coltivazioni delle popolazioni locali. Una volta avuto il permesso per cacciarlo, la sua carne è stata felicemente usata per sfamare la popolazione locale.

Di seguito il video del recupero della carne da parte degli abitanti della zona pubblicato nella pagina facebook di Kendall.

 

Le critiche arriveranno comunque a persone come Kendall Jones, soprattutto per le foto dove lei sorride davanti ai suoi “trofei”, ma come potete vedere c’è un ragionamento di fondo. Da una parte i cacciatori pagano i permessi di caccia, le popolazioni locali ricavano denaro per le loro attività e proteggono le loro attività agricole o usufruiscono dell’animale abbattuto per sfamarsi, come nel caso dell’elefante. Dall’altra parte questo sistema vuole garantire una caccia controllata e non indiscriminata.

E’ evidentemente un business, con un lato “macabro” per qualcuno ma “protettivo” per un altro, che molto probabilmente non è possibile fermare con petizioni online visto gli introiti generati dai Paesi africani e gli stessi abitanti delle zone. Evidentemente bisogna sempre cercare di vedere entrambi i lati della medaglia.

Una tiratina d’orecchie anche al Corriere della Sera, il quale riporta solo alcune dichiarazioni della ragazza, ma non tutte, dando un’informazione parziale e di parte.

David Puente

Nato a Merida (Venezuela), vive in Italia dall'età di 7 anni. Laureato presso l'Università degli Studi di Udine, opera nel campo della comunicazione e della programmazione web.
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