La tecnica è tra le più vecchie:
- Prendi un’immagine a caso ma utile per la bufala.
- Racconta una storia che farebbe infuriare chiunque.
- Non dare riferimenti come data e luogo dell’accaduto.
- Citare qualche documento senza riferimenti specifici.
La bufala è servita.
In questo caso abbiamo:
- Le immagini a caso sono le donne di colore con i loro bambini. Foto presa a caso tra le migliaia presenti su internet cercando “mamme africane”, diciamo pure da questo blog.
- La storia racconta di un ingiustizia sociale dove gli immigrati hanno tutto gratis e gli italiani no, ma soprattutto la parola magica: “GRATIS”.
- Nessun riferimento ad una data, se non un “stamane” (mattina del giorno di mai?).
- Citare il foglio di una ASL, ma senza dire di quale si tratta (di che regione?).
Il punto 3 e il punto 4 sono fondamentali, soprattutto la 4 siccome le ASL sono aziende dotate di autonomia organizzativa. Come si fa a dire un’informazione del genere senza dire il periodo e il luogo? Forse perché, appunto, è una bufala.
Altra cosa che si può ben vedere è il quinto punto, non citato in precedenza, della bufala: prendo un’immagine pubblicata da altri, che ha avuto successo, e la riutilizzo per i miei scopi. In questo caso potete notare che la foto è stata firmata, mentre nelle precedenti no. Non capisco però la censura dei volti, forse per dare un valore aggiuntivo di “serietà”.
Naturalmente ho cercato notizie a riguardo. Qualche giornale online, qualche blog, niente di niente. Al massimo i pannolini gratis per i disabili.
Evitate di diffondere immagini senza dati, senza alcun riferimento, e con solo storielle da 4 soldi.
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