Il 24 marzo 2016 il sito “La Stella” pubblica un articolo dal titolo “Per non dimenticare: Serena Shim, la reporter uccisa perché aveva smascherato la truffa dell’ISIS !!“, il quale ha superato largamente le 5 mila condivisioni Facebook sull’onda dei fatti di Bruxelles e del terrorismo islamico.
Ecco la prima parte del testo:
Se ne parla troppo poco. Anzi, non se ne parla affatto. Perchè non se ne deve parlare. Il motivo stesso per cui Serena Shim è morta è questo! Stava per rivelare la verità al mondo: l’Isis è un’invenzione degli Stati Uniti e dell’ONU (oggi ormai lo sappiamo, ma un anno fa…).
L’ordine è questo: non se ne deve parlare !! I media devono mantenere l’omertà !! Questa eroina DEVE essere dimenticata!!
No…
NOI NON LA DIMENTICHIAMO !!NOI NON DIMENTICHIAMO CHI E’ MORTO PER LA VERITÀ, DIMENTICHIAMO INVECE LE PECORE COMPLICI, LA LORO VITA DI ZOMBIE VALE ZERO.
L’hanno uccisa appena dopo che aveva annunciato al suo TG di avere quel filmato sensazionale con sé (l’ultimo suo servizio in cui lo dice è visionabile, il filmato dei miliziani ISIS che fuoriescono dai camion ONU invece no perché l’hanno uccisa e derubata poco dopo per evitare che venisse trasmesso).
Ecco l’immagine pubblicata ed il testo in essa riportato:
Serena Shim, noi non ti dimenticheremo. Uccisa per aver smascherato la truffa ISIS filmando miliziani che uscivano da un camion dell’ONU.
L’incidente e la morte di Serena Shim
La giovane giornalista americana di origini libanesi lavorava come corrispondente in Turchia per la televisione iraniana Press TV. In seguito ad alcune sue dichiarazioni secondi cui i servizi segreti turchi la volevano accusare di spionaggio, morì in un incidente stradale vicino al confine siriano il 19 ottobre 2014. Ecco quanto riportato dall’Huffingtonpost il 20 ottobre 2014:
Solo venerdì scorso, Serena Shim aveva riferito ai colleghi di Press Tv che l’intelligence turca la accusava di spionaggio, in riferimento probabilmente ad alcuni suoi reportage riguardo all’ambigua posizione turca rispetto alla questione Isis nella zona di Kobane. In quell’occasione la giornalista aveva confidato il suo timore di essere arrestata.
Ecco la foto dell’incidente:
In seguito si riscontra un’informazione interessante:
Nell’incidente, riportano i media turchi, è rimasto ferito il cameraman che lavorava con Serena Shim, impegnata nella copertura per Press Tv della battaglia di Kobane, quella che un tempo era la terza città a maggioranza curda della Siria e che da settimane è sotto assedio da parte dei jihadisti dello Stato islamico (Is).
Il cameraman di Serena si chiama Judy Irish ed era sua cugina. Ecco una foto del suo ricovero dopo l’incidente:
La colpa dell’incidente, secondo quanto riportato da Foxnews, sarebbe stata data a Judy Irisg, accusa non accettata dalla famiglia di Serena:
Turkish media outlets, meanwhile, are reporting that Poe’s cousin, identified as Judy Irish, was responsible for the crash. An official report obtained by Hurriyet Daily News claims Irish was the “sole culprit” and the truck driver, identified as Şükrü Salan, was not in any way responsible — a conclusion Shim’s family does not accept.
Nel blog di Alex Thomson, ospitato dal sito Channel4.com, un’articolo dal titolo “Serena Shim’s death: why conclusions without evidence are stupid” riporta la dichiarazione dell’autista della betoniera, secondo il quale Irish guidava molto velocemente e avrebbe perso il controllo dell’auto finendo nella corsia contraria:
Irish’s car was “traveling at a very high speed, went out of control, entered my lane and came under my truck,” according to the truck driver, reported in a leading Turkish paper.
Nei commenti dell’articolo interviene anche quella che presumibilmente è la madre di Serena, Poe Shim, la quale continua a sostenere che sua figlia sia stata uccisa e che non si trattasse di un incidente. Le foto dell’incidente sono abbastanza evidenti, l’auto di July e Serena era nella corsia opposta:
Tutt’ora, dall’account Twitter “Serena Shim’s mother“, Poe continua la sua lotta “per scoprire la verità” sulla morte di sua figlia.
Il presunto silenzio dei media
Un classico dei complottisti è ritenere che “i media non ne parlano”. Queste affermazioni funzionano nel mondo dei social, dove alcuni utenti tendono a crederci e condividono senza pensarci due volte, senza porsi dei dubbi e senza verificare.
In merito a questa teoria di complotto della “censura” se ne erano occupati i colleghi di Butac in un articolo del 4 ottobre 2015 riportando un semplice esempio:
Accidenti, ne parlava persino il Guardian che non è un Dailymail di turno. Era il 2014, siamo nel 2016, quante storie non sentite più trattare dopo tanto tempo? I media non si soffermano in maniera così continuativa su un tema, soprattutto dopo che è stato “chiuso” con la responsabilità della cugina di Serena.
I camion dell’ONU e l’ISIS
L’immagine condivisa da La Stella, che a sua volta riprende tutto dal blog “Siamo la gente“, riporta un dato estremamente scorretto:
Uccisa per aver smascherato la truffa ISIS filmando miliziani che uscivano da un camion dell’ONU
Ecco quanto pubblicato dall’account Twitter della madre di Serena:
Nel testo dell’immagine vengono riportate le parole di Serena:
I’m very surprised at this accusation – I even thought of approaching Turkish intelligence because I have nothing to hide… I am a bit worried, because… Turkey has been labelled by Reporters Without Borders as the largest prison for journalists…so I am frightened about what they might use against me… We were some of the first people on the ground – if not the first people – to get that story of… militants going in through the Turkish border… I’ve got images of them in World Food Organization (sic) trucks. It was very apparent that they were militants by their beards, by the clothes they wore, and they were going in there with NGO trucks.
Serena Shim non ha citato le Nazioni Unite (ONU), ma parla piuttosto di World Food Organization (WFO) e di NGO (“Non-governmental organization”, ossia organizzazione non governativa). Serena si riferiva, inoltre, a presunti militanti dell’ISIS che passavano il confine con la Turchia, presunti militanti per via della loro barba e gli abiti che indossavano. Purtroppo nulla di provato.
Conclusioni
Il mondo dei complottisti è davvero affascinante. Per loro una presunzione da parte di qualche giornalista equivale a verità, ovviamente a seconda della convenienza dell’informazione che fornisce. Pur di sostenere “la truffa dell’ISIS” si aggrappano a qualsiasi cosa, senza porsi il minimo dubbio.
Di queste cose ne parlavo in un mio precedente articolo, manca il desiderio di verifica come avviene per molti media (vedi l’erroraccio di SkyTG24) e non ci si pone un dubbio: è realmente andata così? Quali sono le altre possibilità? Per intenderci, nessuno dei cari complottisti si è domandato se quei camion siano stati sequestrati o dai terroristi?
Certe accuse campate per aria senza un rapporto veritiero e completo possono danneggiare di fatto organizzazioni e singole persone. Ricordo il caso del van texano che era finito in mano ai terroristi in Siria che causò non pochi problemi all’ex proprietario, Mark Oberholtzer, il quale ricevette numerose telefonate minacciose. La sua colpa? L’aver affidato la vendita del vecchio pick-up Ford F-250 ad un concessionario AutoNation Ford di Houston, il quale avrebbe dovuto rimuovere la decalcomania che riporta il nome e il numero di telefono della ditta. Lui non aveva nulla a che fare con l’ISIS.
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