DISINFORMAZIONE Accordo segreto tra Polizia Postale e Facebook: ci spiano senza mandato

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Più passa il tempo e più sono convinto dell’idea che vi sia una vera e propria “psicosi Facebook”. Quando compare un articolo che parla di Facebook e della nostra Privacy scatta la molla della paura, del timore di essere “controllati”. La prima domanda che mi pongo è: avete qualcosa da nascondere? Se si tratta della Polizia avete davvero così tanta paura? Sappiate che la notizia diffusa il 4 aprile 2016 da Attivo.tv intitolata “Ecco cosa sta succedendo: se hai un profilo facebook ti conviene leggere subito questo!” è una delle più grandi prese per i fondelli che abbia letto su quel sito.

Di cosa parla l’articolo di Attivo.tv? Il tema riguarda proprio il presunto libero controllo da parte della Polizia Postale, dipinta come una sorta di oscura presenza che incombe sui cittadini italiani, dei vostri account Facebook senza bisogno dell’autorizzazione del magistrato. Insomma: “non potete più nascondervi, la Polizia saprà tutto di noi, la nostra privacy è morta”. Ecco una parte dell’articolo:

Controllati arbitrariamente dalla POLIZIA POSTALE, senza alcun mandato della magistratura!!! La notizia ovviamente è passata coperta dall’assoluto silenzio delle TV ma è stata divulgata dall’Espresso: LEGGETE E DIFFONDETE AL MASSIMO!!! La gente ha diritto di sapere!!!

E’ grottesco che mentre la maggioranza di governo si impegna da mesi per rendere più difficili le intercettazioni telefoniche richieste da magistrati, il ministero degli Interni si arroghi il diritto di intercettare i nostri dialoghi via Facebook senza alcun mandato della magistratura”

Il patto tra Facebook e il Viminale è un attentato ai diritti dei cittadini digitali. E la prova che gli utenti non possono essere spettatori passivi in un rapporto diretto tra le corporation di Internet e i governi locali

Per parlarne cita un articolo denuncia di Giorgio Florian, ma senza linkarlo per permettere all’utente di approfondire (non è nell’interesse del sito in questione). Ecco cosa riporta ancora Attivo.tv:

Ma quello che denuncia Giorgio Florian nel suo articolo è molto più grave, forse il più pesante attentato mai realizzato in Italia contro i diritti dei “netizen”, i cittadini della Rete.

Il patto con cui la Polizia Postale italiana si è fatta concedere da Facebook il diritto di entrare arbitrariamente nei profili degli oltre 15 milioni italiani iscritti a Facebook, senza un mandato della magistratura e senza avvertire l’internauta che si sta spiando in casa sua, è di fatto un controllo digitale di tipo cinese che viola i più elementari diritti dei cittadini che dialogano utilizzando il social network: insomma, stiamo parlando di una vera e propria perquisizione, espletata con la violenza digitale del più forte.

Aspettiamo quindi urgenti chiarimenti dalla Polizia Postale e dal ministero degli Interni, da cui dipende. E non basta certamente una smentita rituale, perché le notizie pubblicate nell’articolo di Florian provengono da fonti certe e affidabili.

L’articolo di Florian in realtà è molto vecchio, pubblicato nel 2010 da l’Espresso ed intitolato “La polizia ci spia su Facebook“. Potete benissimo consultarlo e leggervelo tutto, ma vi avviso già che si tratta di informazioni prive di fondamento giuridico. Nessun organo di Polizia può intervenire in tal modo senza l’espressa autorizzazione del magistrato, così come per le intercettazioni, e con motivazioni di indagine estremamente giustificate.

In seguito all’articolo di Floria, pubblicato appunto il 28 ottobre 2010, intervenne immediatamente il direttore centrale della polizia Postale Antonio Apruzzese:

«Figuriamoci se la polizia si mette a spiare i navigatori di Facebook». «Quando la polizia Postale o altri organio (carabinieri, GdF ecc ecc.) nel condurre una indagine si dovesse trovare ad intercettare comunicazioni su Facebook – spiega – ci muoviamo sempre con l’autorizzazione della magistratura. Anche perchè nel caso contrario tutto ciò che si fa non avrebbe alcun valore processuale. Anzi se violassimo la rete senza autorizzazione della magistratura commeteremmo un reato penale».

Insomma, impossibile evitare il passaggio dal magistrato altrimenti il risultato delle indagini sarebbe invalidato e la stessa Polizia Postale commetterebbe un reato penale.

In merito ai presunti accordi con Facebook Apruzzese continua così:

«ai primi di ottobre sono venuti in Italia, dopo lunghe trattative e contatti i responsabili di Facebook al massimo livello accompagnati anche dai loro legali e hanno illustrato le procedure per chiedere ed ottenere l’accesso alla rete per vicende di polizia giudiziaria e, soprattutto per quali casi, in base alla legislazione anglosassone, si possono concedere le autorizzazioni. Hanno spiegato punto su punto, abbiamo stilato le linee guida e girato le direttive a tutti gli organismi di polizia italiana»

Si parla comunque di attività di indagine, si parla quindi di reati sulla quale bisogna far luce e particolari casi in cui bisognerebbe intervenire con estrema tempestività:

«sono i reati ammessi dalla legislazione anglosassone: quelli contro la persona, il patrimonio, i suicidi, gli omicidi e la criminalità organizzata. Perchè velocizzare queste procedure? – conclude Apruzzese – figuriamoci se qualcuno su facebook annuncia che si vuole uccidere, che facciamo, avviamo tutte le pratiche delle convenzioni internazionali? Stesso discorso vale per omicidi e gli altri reati per i quali si è raggiunto l’accordo. Il tutto, ovviamente, con l’autorizzazione del magistrato». 

Rendetevi conto per una buona volta che siti come Attivo.tv non hanno alcun interesse ad informarvi, ma soltanto a lucrare attraverso le vostre visite e le visualizzazioni dei banner pubblicitari. Non fatevi prendere in giro.

Se non avete commesso reato, se non state usando Facebook per atti illeciti, di cosa dovete preoccuparvi? Inoltre, quando si tratta invece di terrorismo e di sicurezza pubblica come mai molti utenti invocano le forze dell’ordine definendole “incompetenti” perché non controllano a dovere i sospetti terroristi sui social network? Smettete di denigrare le forze dell’ordine su false informazioni fornite da certi siti.

David Puente

Nato a Merida (Venezuela), vive in Italia dall'età di 7 anni. Laureato presso l'Università degli Studi di Udine, opera nel campo della comunicazione e della programmazione web.
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