Il sito “Italia patria mia” pubblica il 6 settembre 2016 un articolo dal titolo lunghissimo e che viene ripetuto come testo dell’articolo stesso:
VIDEO – MASSIMA CONDIVISIONE! ECCO LA PROVA CHE I SOLDATI LIBICI SCORTANO I GOMMONI DEGLI IMMIGRATI FINO ALLE ACQUE INTERNAZIONALI OVVERO A POCHI CHILOMETRI DALLA LIBIA! E ASPETTANO LA MARINA MILITARE ITALIANA! POI CONTRATTANO IL LORO COMPENSO! SOLITAMENTE CHIEDONO BENZINA E I MOTORI DEI GOMMONI DA POTER RIVENDERE! VERGOGNA! IL GOVERNO ITALIANO COMPLICE DEL TRAFFICO!
Il video è stato pubblicato nella pagina Facebook “BASTA Ingiustizie” il 4 settembre:
Il video originale lo troviamo sul sito del Corriere della Sera, pubblicato il 2 settembre 2016, nell’articolo dal titolo “La caccia agli scafisti della Guardia costiera libica” a firma Lorenzo Cremonesi, lo stesso autore del video che era a bordo dell’imbarcazione libica:
I libici vogliono riportare i gommoni a riva
La prima reazione dei libici sarebbe di agganciare al traino i due gommoni e riportarli a riva. Per loro sarebbe un bel «bottino». Per pagare le spese dei pattugliamenti (e non solo!) i comandi hanno promesso almeno il 50 per cento dei valori delle barche e dei motori ai loro uomini. Non sembra che Youssef sia bene a conoscenza delle norme del diritto internazionale. Siamo fuori dalle acque territoriali libiche, anche se di poco, e gli italiani hanno individuato i migranti per primi. Con i suoi uomini stanno stimando il costo dei due motori Yamaha da 40 cavalli, sembrano in ottimo stato. Intanto dalla nave madre arrivano le lance degli italiani. Un tenente di vascello ci chiede di allontanarci «per cortesia», mentre vengono gettati i giubbotti salvagente ai migranti. Youssef attende paziente che il primo gommone venga evacuato, quindi accelera a tutto gas e accosta. I suoi due marinai fanno per staccare il fuoribordo, quando arriva il tenente di vascello italiano per dichiarare che il tutto è sotto sequestro. «Qui siamo sulla scena di un salvataggio. Potrebbe esserci stato un crimine. Secondo le leggi del mare, tocca a noi italiani portare a Taranto ogni elemento che possa aiutare l’inchiesta, visto che siamo stati i primi ad individuare i gommoni. Se volete i motori occorre che le vostre autorità li chiedano alle nostre», spiega urlando dalla sua barca.
Nessuna scorta da parte dei militari libici, che hanno individuato le imbarcazioni dopo gli italiani:
Dopo quasi due ore e mezza di navigazione spaccaossa, dalla radio giunge l’inconfondibile accento del meridione italiano. «Due gommoni, con forse centinaia di persone a bordo», si capisce tra il gracchiare delle interferenze. Appena intercettato il nome della nave «Aliseo», già la sua sagoma grigiastra si profila all’orizzonte. Anche a occhio nudo si distinguono a prua i due gommoni dei migranti. Sono lunghi almeno 12 metri, bassi, con i passeggeri accoccolati sui tubolari. Hanno spento il motore, anche se poi a bordo di ognuno scopriremo una quindicina di taniche da 20 litri, tutte ancora piene di benzina. «Con tutto quel carburante potevano tranquillamente arrivare in Italia», dirà Youssef.
Potremmo piuttosto parlare di un tentativo di “sciacallaggio” da parte loro, per recuperare denaro per le spese dei pattugliamenti e non solo. Le richieste c’erano, c’è stato un tentativo di contrattazione per avere qualcosa da quelle barche, ma alla fine hanno rinunciato a tutto:
Arriva l’ordine: «Lasciate tutto agli italiani»
Youssef non spiccica una parola d’inglese o italiano. Aiuta questa volta avere il nostro traduttore a bordo. Ma il braccio di ferro continua. Youssef chiede allora «almeno un motore». E aggiunge, come ispirato da un’idea fulminante: «Anche noi libici dobbiamo svolgere un’inchiesta, queste barche vengono dalle nostre coste. Dunque un motore a voi e uno a noi. Tenetevi pure tutto il resto, due gommoni e benzina». Trascorrono le ore. Fa caldo. Gli italiani si consultano a lungo con le radio. Viene contattato il comando di Taranto, che ribadisce l’ordine di sequestrare entrambi i motori come «prove importanti sulla scena di un possibile reato». Intanto sudano copiosamente nelle tute da sub d’ordinanza sotto il sole sempre più a picco. «Perché anche voi libici non chiedete istruzioni ai vostri capi?», suggeriscono. Youssef è riluttante, non è ben chiaro cosa capisca dalla traduzione. Non gli è mai capitata una situazione del genere. «Ho sempre visto da lontano le navi italiane. Ma non ci siamo mai parlati direttamente. E mai ho chiamato i nostri comandi mentre ero in mare», ammette.
Alla fine, verso le dieci e trenta, miracolosamente viene raggiunto il suo capo a Misurata, che ordina di «lasciare tutto agli italiani». In pochi minuti la situazione si sblocca. Sleghiamo la cima che ci univa al gommone vuoto dei migranti. Gli italiani lo trascinano lentamente assieme all’altro verso la Aliseo. Il nostro rientro a Khoms è invece una folle corsa al limite del ribaltamento, tra schiuma e rimbalzi sul mare increspato dalla brezza del mezzogiorno, ma nel silenzio risentito dell’equipaggio.
Come possiamo vedere, il video pubblicato nella pagina Facebook “BASTA ingiustizie” è stato deliberatamente tagliato per omettere questa informazione molto importante all’utente:
Nessuna collaborazione da parte della marina militare italiana, neanche dal Governo italiano. I nostri militari hanno mantenuto una posizione chiara e decisa dall’inizio alla fine in regola con le norme del diritto internazionale.
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