Il 4 settembre 2016 “La Voce del Trentino” pubblica un articolo dal titolo “Ritrovato nel bidone delle immondizie bimbo morto“:
Ieri verso le 17.00 in zona Trento Nord è stato ritrovato il feto di un bambino appena nato purtroppo morto.
A trovare il corpo senza vita è stata una signora che, scesa dal condominio di casa, stava buttando la spazzatura.
[…]La donna sotto shock dopo aver vomitato non ha voluto vedere altro e insieme ad alcune altre persone che hanno assistito alla scena ha subito chiamato i carabinieri.
Le forze dell’ordine subito dopo l’intervento hanno confermato che nel sacchetto di Nylon c’era purtroppo un neonato morto. Si tratterebbe quindi di un caso di parto da parte di qualche donna dei dintorni che ha voluto in modo scriteriato disfarsi del figlio abbandonandolo appena nato e condannandolo così a morte.
Sono subito partite le indagini da parte dei carabinieri per individuare la responsabile del folle gesto. Bisognerà infatti indagare se il neonato è nato morto oppure è stato depositato nel bidone ancora vivo. La zona del ritrovamento è popolata ad alta densità da persone straniere, molte delle quali dedite alla prostituzione.
L’articolo racconta di un presunto ritrovamento il 3 settembre 2016 alle ore 17 in zona Trento Nord di un feto morto nei bidoni della spazzatura e riportando che tale zona è popolata ad alta densità di persone straniere (molte dedite alla prostituzione). Il conto è fatto e si inizia a pensare che sia una prostituta straniera la colpevole dell’atto.
L’articolo, attualmente risulta rimosso, anche se tutt’ora reperibile con la cache di Google, L’articolo racconta di un presunto ritrovamento il 3 settembre 2016 alle ore 17 in zona Trento Nord di un feto morto nei bidoni della spazzatura e riportando che tale zona è popolata ad alta densità di persone straniere (molte dedite alla prostituzione). Il conto è fatto e si inizia a pensare che sia una prostituta straniera la colpevole dell’atto.
A smentire il racconto sono state le forze dell’ordine, citate dall’articolo de L’Adige:
A seguito della notizia – che riportava anche di una segnalazione del fatto ai carabinieri, circostanza smentita dall’Arma e allo stesso modo pure da tutte le altre forze dell’ordine – erano subito stati promossi accertamenti per verificare quanto riportato.
«A seguito dell’allarme sociale destato dalla notizia – prosegue ancora la nota dell’Arma – in accordo con l’Ufficio del Procuratore Capo della Repubblica presso il Tribunale di Trento, il Comando provinciale dei carabinieri precisa che nessuna forza di polizia sia mai intervenuta, alla Procura della Repubblica non sia mai giunta alcuna notizia di reato relativa. Dopo mirati e accurati accertamenti di polizia giudiziaria, si può asserire che l’evento narrato non sia mai accaduto».
Partono le critiche alla testata che ha diffuso la falsa notizia, la quale cancella l’articolo e ne scrive un altro dal titolo “Ritrovamento feto, per i carabinieri non è mai successo“, riportante una lunga riflessione di cui riporto solo quelle più significative:
Nel giornalismo c’è sempre un pericolo, una di quelle evenienze in cui, se dovesse succedere, senti di aver sbagliato tutto: dare una notizia che si rivela poi infondata.
E’ un pericolo reale e per quante precauzioni un editore possa prendere, almeno una volta nella storia di tutti i giornali è successo e questo è anche il nostro caso.
[…]Permetteteci di dire solo una cosa: meno male. Si, preferiamo le critiche, gli insulti dei tanti che saranno pronti a metterci in croce per aver dato una notizia infondata, piuttosto che sapere che effettivamente una vita umana era stata gettata in un cassonetto, cosa peraltro già successa purtroppo, così come preferiamo subire la gogna mediatica dei social per una notizia infondata, piuttosto che aver deciso, quando ancora credevamo alla versione di quella donna più volte da lei confermata a noi, come ai Carabinieri, di pubblicare la notizia, di non girare la testa dall’altra parte, di rischiare la nostra reputazione, piuttosto che tacere una notizia che, se vera, sarebbe stata di una gravità assoluta.
Preferiamo essere criticati per un errore di valutazione, piuttosto che pensare di non aver fatto completamente il nostro lavoro, che, anche in questo caso, pur con i limiti delle possibilità di un giornalista, ci sentiamo di aver fatto nel modo più completo e accurato possibile, è stata solo la buona fede verso quella persona che ha creato questo malinteso e ci ha esposti a quell’errore di cui parlavamo: dare una notizia che si rivela infondata.
Non capita tutti i giorni di vedere una testata giornalistica che ammette di aver diffuso una bufala. Capita, piuttosto, che cambino titoli e testo degli articoli per “far finta di niente”, oppure mantengono tutto così com’è (porta comunque visite). Avrebbero dovuto contattare i carabinieri per accertarsi della veridicità della notizia, certamente, possiamo fare tutte le critiche che vogliamo, ma devo dire che l’articolo di risposta mi ha lasciato sorpreso e mi è piaciuto, così come mi piacerebbe che le altre testate prendessero esempio da questo gesto.
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