Il 4 ottobre 2016 “Il Populista” di Matteo Salvini pubblica un articolo dal titolo “Voto in Ungheria: ciò che i (nostri) giornali non dicono“:
I media italiani sottolineano che il quorum non sia stato raggiunto ma dimenticano che “i referendum in Ungheria sono validi con qualunque percentuale dei votanti”
Ipocrisia e malafede. Questi gli ingredienti degli articoli pubblicati sui giornali italiani (con rarissime eccezioni) in merito al risultato del referendum ungherese di domenica scorsa. Nonostante un plebiscito tra i votanti (il 95% hanno detto no all’imposizione di quote di immigrati da parte dell’Ue senza l’avvallo del parlamento ungherese), i media italiani hanno pontificato sul fatto che non sarebbe stato raggiunto il quorum del 50 per cento più uno degli elettori e quindi il referendum non avrebbe validità.
Peccato che il Corriere della sera, l’8 giugno 2003, a proposito del referendum in Ungheria sull’adesione del paese all’Ue, scrisse testualmente: “I referendum in Ungheria sono validi con qualunque percentuale dei votanti“. L’affluenza in quel caso era praticamente identita a quella di domenica scorsa, intorno al 45 per cento, ma, come si usa sui giornali dell’establishment dominante, a seconda delle necessità si cambia rapidamente idea e impostazione. E poi ci si domanda del perchè della crisi dei giornali e della loro praticamente azzerata credibilità (e questo vale anche per i tg delle tv nazionali, pubbliche e private).
[…]
L’articolo continua con tutto un discorso politico, inutile per trattare il tema del quorum e delle critiche nei confronti dei giornali e delle TV.
Ecco l’articolo del Corriere della Sera dell’otto giugno 2003:
I RISULTATI DEI REFERENDUM UE NELLE ALTRE NAZIONI
8 marzo-Malta: favorevoli 53,6%, affluenza 91%
23 marzo-Slovenia: favorevoli 89,61%, affluenza 60%
12 aprile-Ungheria: favorevoli 83,76%, affluenza 45,62% (i referendum in Ungheria sono validi con qualunque percentuale di votanti)
10-11 maggio-Lituania: favorevoli 91,07%, affluenza 63,37%
16-17 maggio-Slovacchia: favorevoli 92,46%, affluenza 52,15%
Nella Rep. Ceca si voterà il 13 e 14 giugno, in Estonia il 14 settembre e in Lettonia il 20 settembre. A Cipro non è previsto referendum, ma il Parlamento dovrebbe ratificare l’adesione in luglio.
Ammetto che c’è una confusione disarmante e molto populismo, ma per comprendere come stanno realmente le cose bisogna fare qualche passo indietro andando a leggere la fonte del diritto ungherese, ossia l’articolo 8 della “Legge Fondamentale” riguardante i referendum nazionali:
Országos népszavazás
8. cikk
(1) Legalább kétszázezer választópolgár kezdeményezésére az Országgyűlés országos népszavazást rendel el. A köztársasági elnök, a Kormány vagy százezer választópolgár kezdeményezésére az Országgyűlés országos népszavazást rendelhet el. Az érvényes és eredményes népszavazáson hozott döntés az Országgyűlésre kötelező.
(2) Országos népszavazás tárgya az Országgyűlés feladat- és hatáskörébe tartozó kérdés lehet.
(3) Nem lehet országos népszavazást tartani
a) az Alaptörvény módosítására irányuló kérdésről;
b) a központi költségvetésről, a központi költségvetés végrehajtásáról, központi adónemről, illetékről, járulékról, vámról, valamint a helyi adók központi feltételeiről szóló törvény tartalmáról;
c) az országgyűlési képviselők, a helyi önkormányzati képviselők és polgármesterek, valamint az európai parlamenti képviselők választásáról szóló törvények tartalmáról;
d) nemzetközi szerződésből eredő kötelezettségről;
e) az Országgyűlés hatáskörébe tartozó személyi és szervezetalakítási kérdésről;
f) az Országgyűlés feloszlásáról;
g) képviselő-testület feloszlatásáról;
h) hadiállapot kinyilvánításáról, rendkívüli állapot és szükségállapot kihirdetéséről, valamint megelőző védelmi helyzet kihirdetéséről és meghosszabbításáról;
i) katonai műveletekben való részvétellel kapcsolatos kérdésről;
j) közkegyelem gyakorlásáról.
(4) Az országos népszavazás érvényes, ha az összes választópolgár több mint fele érvényesen szavazott, és eredményes, ha az érvényesen szavazó választópolgárok több mint fele a megfogalmazott kérdésre azonos választ adott.
Il comma 4 dell’articolo 8 riporta il quorum del “50% più uno” necessario per la validità del referendum. Nel caso trovate la traduzione nel sito dell’Università di Milano (scaricabile anche dal questo sito):
(4) Un referendum nazionale è considerato valido se più della metà degli elettori ha votato validamente, ed è efficace se più della metà degli elettori si è espresso nello stesso modo sul quesito.
E il referendum del 2003? Come è possibile che sia stato approvato nonostante non fosse stato raggiunto il 50% più uno degli aventi diritto al voto? Un pasticcio ungherese? Governi sinistroidi che aderiscono all’Unione Europea andando contro la loro Legge Fondamentale? Dobbiamo fare un salto indietro nel tempo, esattamente al 1997.
Consultando il paper portoghese del 2008 “Referendum Design, quorum rules and turnout“, consultabile in formato PDF dal sito dell’Università di Minho (scaricabile anche da questo sito), a pagina 13 troviamo questo schema riassuntivo dei quorum previsti nei vari paesi europei:
Come possiamo ben leggere il quorum del 50% (come quello previsto in Italia) era previsto fino al luglio del 1997 (“only until July 1997”). La domanda sorge spontanea: ma la Legge Fondamentale dice che c’è bisogno del 50% più uno, come è possibile? Lo è in quanto è entrata in vigore dal 25 aprile 2011.
Quello strano “Approval (or non-rejection) quorum” del 25%
Spiegherò ora quel 25% presente nella colonna “Approval (or non-rejection) quorum“, ma per farlo bisogna consultare i risultati referendari dal 1997 al 2008 (nell’immagine sotto è riportato anche l’ultimo referendum del 2016):
La terza colonna viene citata la validità del referendum, dove non furono approvati quelli del 2016 (che tiene conto della Legge Fondamentale del 2011) e quelli del 2004. Come mai questi ultimi sono stati invalidati se non era previsto il quorum come quello che conosciamo in Italia?
Ecco che entra in gioco il 25% e un poco di matematica di base sulle percentuali. All’epoca, nonostante non vi fosse il quorum come quello che noi conosciamo in Italia (non mi stancherò di ripeterlo, affinché entri in testa ai più cocciuti), vi era questa specie di quorum in cui almeno il 25% degli aventi diritto al voto dovevano votare per almeno una delle due risposte al quesito, condizione che non si è concretizzata nel 2004.
Aventi diritto al voto nel 2004: 8.048.739
Voti per il SI nel primo quesito del 2004: 1.922.680 (65,01% dei votanti al referendum, ma il 23.88% degli 8 milioni aventi diritto)
Voti per il SI nel secondo quesito del 2004: 1.521.271 (51,57% dei votanti al referendum, ma il 18.889% degli 8 milioni aventi diritto)
Conclusioni
Il Corriere della Sera riportò nel 2003 un’affermazione alquanto discutibile, in parte corretta in quanto il quorum come quello che conosciamo in Italia non era effettivamente previsto, ma da un’altra parte incorretta siccome vi era uno speciale quorum del 25% degli aventi diritto al voto che doveva essere raggiunto da una delle due risposte al quesito (pratica non usata in Italia). Il Populista avrebbe dovuto approfondire, ma forse pretendo troppo.
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