Il 10 ottobre 2016 diversi siti e testate italiane pubblicano articoli riguardo una presunta fatwa dell’Isis contro i gattini:
- Fatwa dell’Isis contro i gatti: vietato tenerli, saranno tutti uccisi (Corriere);
- L’Isis approva una legge anti gatto: nel Califfato parte lo sterminio (La Stampa/La Zampa);
- Iraq, la fatwa dell’Isis contro i gatti. “Vietato tenerli in casa” (Il Fatto);
- Mosul. Ultima follia dell’Isis. Uccidere tutti i gatti. Amati da Maometto oggi sterminati dai jihadisti (Agenpress)
- Isis, i jihadisti si preparano allo sterminio dei gatti: una fatwa vieta di tenerli in casa (Il Messaggero).
La fonte è, come al solito, il noto tabloid spazzatura inglese DailyNews e il suo articolo del 5 ottobre dal titolo “Apocalypse meow: ISIS issues a fatwa on cat breeders living within their ‘caliphate’ and begins searching houses for kittens in Mosul“. Rendiamoci conto: scrivono “Apocalypse meow” e già si pensa ad uno sterminio di massa (signori, fa click), ma nell’articolo è evidente in che cosa consisterebbe il tutto:
The new law forbids the indoor breeding of cats inside the Islamic State’s ‘caliphate’ and claims to be in line with the jihadists’ “vision, ideology and beliefs”.
Insomma, il divieto riguarderebbe l’allevamento dei gatti in casa, ma da nessuna parte si parla di “sterminio” degli amici dal passo felpato.
La fonte del Daily? Il sito Iraqinews.com e l’articolo del 4 ottobre, il quale parla appunto di “allevamento” e cita a sua volta la sua fonte:
Nineveh – Al Sumaria News reported on Tuesday that ISIS issued a fatwa in Monsul to forbid indoor cat breeding.
Al Sumaria News stated, “The so-called Islamic State’s Central Fatwa Committee issued a fatwa (Islamic legal decree) prohibiting the breeding of cats inside houses in Mosul.”
“ISIS called on the residents of Mosul to obey the fatwa and not violate it,” Al Sumaria explained. “ISIS issued dozens of fatwas in Mosul based on its vision, ideology and beliefs,” Al Sumaria added.
The Islamic State group (ISIS) relies on a central committee to issue fatwas; it is comprised of influential clerics and figures from the terrorist group.
La fonte di Iraqinews, Al Sumaria News, aveva pubblicato la notizia lo stesso giorno e anch’essa non riporta altro che il riferimento agli allevamenti.
Al momento il sito che funge da “fonte primaria” sarebbe la TV irachena Al Sumaria News, la quale dichiara di aver intervistato una fonte locale di Nineveh (nei pressi di Mosul) ma senza citare il nome di un chierico che avesse annunciato la fatwa. Rimaniamo, al momento, nel mondo delle fonti anonime e quindi (ironicamente) del “massimo della garanzia“.
Cos’è una fatwa?
La fatwa non è altro che l’equivalente di una norma: fin dalle origini della religione musulmana sono state emanate un numero imprecisato di norme “fatwa” riguardante ogni aspetto della vita quotidiana, privata e pubblica, dai matrimoni agli affari economici, sui temi sociali, religiosi e politici.
Risulta, al giorno d’oggi, una parola disprezzata e associata a qualcosa di orrendo, quasi una minaccia di atto terroristico o addirittura sinonimo di “condanna a morte”. Tale associazione fa pensare, inevitabilmente, in negativo e quindi si tende ad esagerarne il significato. Ecco, infatti, quanto riportato dalla nota Treccani:
fatwā ‹fàtuaa› s. f., arabo, invar. – Termine che indica genericam. un responso giuridico su questioni riguardanti il diritto islamico o pratiche di culto; la parola ha avuto notorietà in Italia per l’uso restrittivo con cui è stata intesa nel linguaggio dei giornali che la riferirono alla condanna a morte in contumacia pronunciata nell’anno 1989 dall’ayatollah Khomeinī contro lo scrittore Salman Rushdie, ritenuto reo di sacrilegio verso la religione musulmana per il suo libro The Satanic Verses («Versi [o Versetti] satanici»).
Al momento la notizia diffusa da Al Sumaria News riguarda il divieto di allevamento, ma non si parla di sterminio e (al momento) di punizioni da “condanna a morte”.
Il gatto simbolo di purezza nell’Islam?
Ecco come riporta Il Fatto:
Vietati anche il loro allevamento e la cura degli animali. A deciderlo è stato un sedicente Comitato centrale del Califfato composto sia da esponenti religiosi riconosciuti sul territorio controllato dal Daesh sia da alti ufficiali del gruppo terroristico. Un provvedimento che, però, non è in linea col pensiero islamico, visto che per i musulmani il gatto è considerato un simbolo di purezza.
Il gatto è considerato simbolo di purezza? Certo, se si considera la storia di Maometto e la sua simpatia verso l’animale in questione. Tuttavia, se parliamo di Isis dobbiamo tenere in considerazione Wahhabismo e la negazione verso lo stesso profeta.
I wahhabiti non accettano Maometto come un profeta [nota a fine articolo], così come non accettano nessuno degli altri profeti del Corano. Come mai? Ritengono che il culto dei santi e delle loro tombe renda la religione musulmana come politeista, infatti il loro obiettivo è la “purificazione” dello stesso Islam e il sostegno dell’unicità di Dio. Quando vedete un musulmano che spacca la statua di una Madonna, sappiate che è un wahhabita.
Capita, di conseguenza, che il fatto che all’Isis non interessi affatto che il gatto sia diventato l’animale simbolo di purezza dell’Islam proprio grazie a Maometto, per loro ciò che ha detto Maometto non conta nulla.
Ci furono divieti precedenti a quello presunto di Mosul?
Il sito iraniano Presstv.ir pubblicò il 28 maggio 2016 un articolo dal titolo “Top Saudi cleric prohibits taking selfies with cats“, dove un chierico di nome Saleh bin Fawzan al-Fawzan invitava a non fotografarsi (farsi “selfie”) assieme ai gatti o ad altri animali (ma parlare di gattini, si sa, fa più scalpore).
L’articolo parla, appunto, di riferimenti al wahhabismo:
Saudi Arabia’s senior cleric has placed a ban on taking selfies with cats under a bizarre ruling based on Wahhabi principles which are widely preached in the kingdom.
In a recent television appearance, Saleh bin Fawzan al-Fawzan, a member of the Saudi Council of Senior Scholars, said that taking selfies with animals, including cats, was prohibited.
“The cats don’t matter here. Taking pictures is prohibited here if not for necessity. Not with cats, not with dogs, not with wolves, not with anything,” said Fawzan in the live appearance, dealing with religious inquiries.
La storia venne riportata, ovviamente, anche dal DailyNews. All’epoca fu Euronews a diffondere un termine curioso per definire il tutto: “Catwa“.
Bisogna però fare un passo indietro al 2009, dove lo stesso chierico (che non è wahhabita, attenzione!!!) diffuse un’altra fatwa che potrebbe ricollegarsi con la presunta di Mosul:
In pratica, il chierico citerebbe Maometto e il suo divieto di porre un prezzo ai gatti, di conseguenza non era possibile venderli. A questo punto le possibilità sono due nel caso fosse vera la fatwa di Mosul:
- la negazione del gatto come animale puro della religione musulmana secondo Maometto (wahhabismo);
- il divieto di allevarli a scopo di lucro, siccome il Profeta ne vietava il prezzo.
Conclusioni miciose
Wahhabiti, state lontano dai mici (loro già vi odiano, LOL):
Aggiornamento ore 9:45
Il Sole 24 ore riporta (come aggiornamento nel proprio articolo) le dichiarazioni di Tahar Lamri:
Sarebbe una bufala la notizia che l’Isis vuole sterminare i gatti di Mosul. Lo segnala uno scrittore algerino naturalizzato italiano, Tahar Lamri, esperto oltre che di letteratura anche di islam, migrazioni e politica mediorientale, in un post di Facebook a proposito della notizia circolata oggi sulle principali testate italiane su una presunta fatwa emessa dal gruppo Stato islamico, che esorterebbe ad uccidere i gatti. Tale notizia per Lamri e’ accompagnata “da analisi che vorrebbero essere dotte e riferimenti al Profeta che amava i gatti“. E poi fa chiarezza sulla sua origine: “la fonte di questa notizia e’ una emittente irachena, ‘Al-Sumaria’, nota per le sue bufale sull’Isis. Questa emittente e’ stata fondata da, fra gli altri, Amjad Iskander – ne e’ anche il direttore – un libanese conosciuto in Libano per essere uno dei capi dei falangisti di Samir Geagea, quello del massacro di Sabra e Shatila. Dire ‘bufala’ in questo caso e’ proprio un eufemismo”, è la sua osservazione finale. Mi scuso con i lettori se ho riportato una notizia falsa, una bufala. Potrei aver sbagliato. Ma trattandosi dell’Isis, che fa sgozzare gli ostaggi dai bambini, rapisce le studentesse a centinaia, distrugge i beni culturali a mazzate e chi più ne ha più ne metta, mi era sembrato plausibile.
Ecco il post nella pagina Facebook dello scrittore algerino:
“L’Isis approva una legge anti-gatto e nel Califfato parte lo sterminio.” Così si legge in articolo di Repubblica online oggi 10 ottobre. “L’Isis contro i piccioni: “I loro genitali all’aria offendono l’Islam””, così si legge in un articolo di Il Giornale datato 03.06.2015. Ormai si sa i giornali italiani raccattano qualsiasi cosa che possa fare sensazione. Sembrano bidoni di raccolta indifferenziata.
La notizia della “legge anti-gatto” è riportata da altri giornali con analisi che vorrebbero essere dotte e riferimenti al Profeta che amava i gatti.
La fonte di questa notizia è una emittente irachena Al-Sumaria, nota per le sue bufale sull’Isis. Questa emittente è stata fondata da, fra gli altri, Amjad Iskander – ne è anche il direttore -, un libanese conosciuto in libano per essere uno dei capi dei falangisti di Samir Geagea, quello del massacro di Sabra e Shatila. Dire “bufala” in questo caso è proprio un eufemismo.
NOTA su Maometto e i Wahhabiti
La dottrina wahhabita si basa sul principio del Tawḥīd, cioè il concetto di “unicità” di Dio (Allah), e di conseguenza non vi deve essere alcuna devozione religiosa nei confronti di qualsiasi essere umano (venerare i profeti era considerato “shirk”/”politeismo”). Tra i profeti c’è, appunto, anche Maometto, tanto che la storia racconta del divieto di devozione da parte dei musulmani verso la sua tomba e il divieto nel celebrare il suo anniversario. Sempre a proposito dei fatti storici, i wahhabiti conquistarono la Mecca e Medina, per poi distruggere la tomba di Maometto e quella dei suoi compagni. Non solo, vista la posizione radicale contro la venerazione di Maometto, distrussero i luoghi di pellegrinaggio a lui legati.
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