Il 6 novembre 2016 il solito “Fatto QuotiDAINO” pubblica un articolo dal titolo “3 anni di Carcere per chi usa profili FALSI su facebook. UFFICIALE” superando le 1200 condivisioni Facebook:
Arriva direttamente dal parlamento europeo, la direttiva internazionale su social e immagine: secondo quanto espresso dal parlamento, con 56 votanti a favore, 34 contrari e 4 astenuti, dal prossimo gennaio, chi farà uso sui social di profili falsi rischia il carcere fino a tre anni.
Il piano di regolamentazione dell’internet, rientra nel più vasto campo delle truffe e degli adescamenti di minori. Il deputato italiano Alvaro Porfido, che ha collaborato alla legge, ha detto: “Nel corso degli anni, i social hanno preso il sopravvento sul modo di comunicare fra le persone, hanno cambiato il modo di relazionarci, hanno insomma stravolto i tratti della comunità in cui viviamo. Ed è giusto che si prenda atto di questo cambiamento per regolarlo e usarlo a vantaggio di tutti. Solo nel 2015, le truffe sono state molto alte, per mezzo virtuale. In tutto il mondo se ne contano circa un milione, un numero altissimo. Ed è giunto il momento di intervenire”.
In molti si sono lamentati, come quelle persone che usano i fake per scherzare con altri o comunque non fare nulla di male. Ma anche su questo punto la commissione è molto chiara: “Secondo il cdp. 33, in combinato disposto con l’articolo 404 del cv, l’utilizzatore di fake che contatta un fruitore del web per mezzo chat o bacheca, sarà sanzionato con ammenda fino a 700 euro e detenzione fino a 3 anni”. Insomma, dal prossimo gennaio fate attenzione a usare i vostri profili fake, potreste finire molto male.
Ecco smart debunking:
- non esiste alcuna “direttiva internazionale su social e immagine”;
- l’autore della bufala, Alvaro Porfido, diventa questa volta “deputato”. Nessun deputato dell’attuale legislatura si chiama in quel modo;
- il cdp.33 riguarda la “Capacità del giudice”;
- l’articolo 404 del Codice Civile riguarda la “Amministrazione di sostegno”;
Tuttavia mi preme ricordare che l’ordinamento attuale prevede già delle sanzioni in condizioni specifiche, come recita l’articolo 494 del Codice Penale:
Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, è punito, se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica, con la reclusione fino ad un anno.
Ecco una breve spiegazione dal sito dello Studio Legale Orlando per capire meglio l’articolo 494:
Il contenuto minimo dell’oggetto giuridico del reato è costituito da tutti quei comportamenti in grado di trarre in inganno, cioè ponendo in essere comportamenti fraudolenti, ad esempio, alterando i dati identificativi di un soggetto, o le proprie qualità, con quelli corrispondenti ad un altro.
Il reato è a forma vincolata e quindi la consumazione avviene esclusivamente mediante una della quattro modalità previste dalla norma, sostituzione illegittima, attribuzione di un falso nome, stato o qualità.
Per quanto dianzi esposto, risulta necessario un comportamento positivo; per giurisprudenza costante, infatti, la semplice omissione dell’agente, ancorché colpevole non è sufficiente a configurare il reato.
L’elemento oggettivo del reato è quindi costituito dalla induzione in errore che però deve fondarsi su una condotta, lo si ribadisce, positiva e non omissiva.
Per questo motivo la giurisprudenza, unanimemente non considera penalmente rilevante una situazione dipesa dal fatto di altri o dalla stessa persona offesa. La sostituzione deve essere altresì illegittima, ossia deve concretizzarsi mediante atti fraudolenti, oltre ad implicare la indicazione specifica da parte dell’agente della persona sostituita.
Ricordo l’articolo de La Stampa del 2012 dal titolo “E’ reato crearsi un account online a nome di un altro“:
Chi crea e utilizza un account di posta elettronica spacciandosi per un altro commette il reato di sostituzione di persona. Lo afferma la Cassazione (sentenza 12479/12) esaminando il caso di un quarantenne condannato dalla Corte d’appello di Roma perchè «in concorso con altro soggetto e senza il consenso dell’interessata, al fine di trarne profitto o di procurare a quest’ultima un danno» aveva utilizzato i dati anagrafici di una donna «aprendo a suo nome un account e una casella di posta elettronica e facendo così ricadere sull’inconsapevole intestataria le morosità dei pagamenti di beni acquistati mediante la partecipazione ad aste in rete».
In questo caso non si tratta di un account Facebook, ma poco importa: il reato è sempre quello previsto dall’articolo 494 del Codice Penale (PDF sentenza 12479/12).
Oltre alla creazione e l’utilizzo di un profilo falso per ingannare o danneggiare qualcuno possono aggiungersi anche reati come quello previsto dall’articolo 595 del Codice Penale, ossia il reato di diffamazione, nel caso si utilizzi il falso account per denigrare una terza persona.