La proposta di delibera inadeguata e la grossa confusione tra vitalizi e pensioni

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Il 22 marzo 2017 la pagina Facebook ufficiale del Movimento 5 Stelle pubblica i seguenti due post:

DIFFONDETE LA VERITÀ
I vitalizi rimangono intatti lì dove sono, nessuno li tocca, ma in maniera del tutto ipocrita si propone di prelevare 3mila euro in tre anni a uno che prende un vitalizio di più di 70mila euro all’anno!
Già lo immaginiamo il terrore di Cirino Pomicino al pensiero che gli vengano tolti 3 mila euro in tre anni dopo che per anni ha percepito centinaia di migliaia di euro dei vitalizi! Il PD vuole approvarsi la sua delibera, arrivare a settembre per prendersi la pensione e poi farvi pure credere che hanno risparmiato.
Questa non è una proposta, è una supercazzola!
Vogliono lavarsi la coscienza tagliando l’1,78% del totale dei vitalizi che ogni anno la Camera eroga ai parlamentari. Il MoVimento 5 Stelle, invece, i vitalizi li vuole abolire del tutto.

DIFFONDETE LA VERITÀ
Quello che è avvenuto nell’Ufficio di Presidenza della Camera è di una gravità inaudita. Il Pd e la maggioranza, con un vero e proprio blitz, hanno bocciato la nostra delibera che propone l’abolizione della pensione privilegiata dei parlamentari, quella che scatterà il 15 settembre 2017. E’ una pensione privilegiata perché ai parlamentari basta stare su una poltrona 4 anni, sei mesi e un giorno per andare in pensione a 65 anni, addirittura 60 anni se fanno un secondo mandato, e poi possono anche smettere di lavorare per il resto della loro vita.
L’hanno bocciata senza nemmeno fare uno studio di fattibilità, senza nemmeno dirci quanto e quali sarebbero stati i risparmi, pur di tenersi il loro privilegio. E ce l’hanno fatta.
QUANDO SAREMO AL GOVERNO ELIMINEREMO I VITALIZI E TUTTI I PRIVILEGI. E’ una promessa!

Quando si discute dei vitalizi dobbiamo considerare quelli “passati“, nel senso che attualmente i nuovi parlamentari (“di primo pelo“) non lo percepiranno mai siccome sono stati aboliti durante il Governo Monti e sostituiti con una pensione calcolata con il metodo contributivo simile (ma non identico) a quello dei dipendenti pubblici. Queste pensioni verranno versate ai parlamentari dopo il compimento del 65esimo anno di età, inoltre le cifre sarebbero le seguenti:

Un deputato eletto nel 2013, quando aveva 27 anni, che cesserà il suo mandato nel 2018 senza essere riconfermato per il secondo, percepirà nel 2051 (a 65 anni) una pensione compresa tra i 900 e i 970 euro al mese, quando il 64,7% delle pensione erogate in Italia è inferiore ai 750 euro/mese. Se, invece, l’onorevole eletto sempre nel 2013 a 39 anni, sarà riconfermato fino al 2023, con due legislature alle spalle potrà andare in pensione nel 2034 (a 60 anni) incassando circa 1.500 euro al mese. Entrambe le simulazioni, ipotizzano che i contributi accantonati nell’arco della carriera parlamentare dai due ipotetici deputati siano gli unici versamenti effettuati nell’intera vita lavorativa.

A quanto ammontavano i vitalizi veri e propri? Pensate che per Vittorio Sgarbi si parla addirittura di 9 mila euro al mese, come Luciano Violante (9,363 euro). Potremmo a parlare a lungo di quanto rimanga un privilegio percepire una pensione da 900 euro al mese dopo un mandato parlamentare, siccome nessun lavoratore “comune” matura una pensione del genere dopo un tale versamento di contributi in un tempo così breve, ma sta di fatto che le cifre rispetto al passato sono state largamente ridimensionate.

Parlare di “blitz“, come riportato nel post Facebook del M5S, risulta del tutto scorretto e fa percepire al cittadino che ci sia stato qualche sotterfugio da parte del PD e della maggioranza. Può piacere o meno la democrazia, ma durante l’Ufficio di Presidenza è stato votata all’unanimità, ad esclusione dell M5S che lo ha boicottato (ne fanno parte Luigi Di Maio, Riccardo Fraccaro e Claudia Mannino), la proposta avanzata da Marina Sereni del PD sui vitalizi. All’unanimità significa che tutti gli altri partiti hanno votato a favore, a maggioranza, ed è un risultato democratico che normalmente non piace a chi fa parte della “minoranza” parlamentare (in questo caso ancora più in minoranza, siccome anche le altre forze di opposizione hanno votato a favore).

In cosa consiste la proposta di Marina Sereni? Toccare i vitalizi in corso per i prossimi tre anni, tagliando dal 10% al 40% le somme versate:

  • 10% per gli ex deputati che percepiscono tra i 70 e gli 80 mila euro l’anno
  • il 20% per coloro che arrivano a 90 mila euro
  • il 40% per i circa 200 ex deputati che hanno un reddito superiore ai 100 mila euro

La proposta di delibera del M5S (PDF) non abolisce alcun vitalizio in corso, non li tocca nemmeno. La proposta voleva imporre agli attuali e futuri parlamentari un regime pensionistico disciplinato dalle Leggi Dini e Fornero.

La proposta di delibera del M5S

Insomma, mentre Marina Sereni ha fatto approvare una delibera per toccare i vitalizi (che gravano pesantemente sulla spesa pubblica), il M5S ha preferito presentare una proposta sulle pensioni priva di uno studio di fattibilità e senza contare i risparmi che si sarebbero potuti ottenere. Dovrebbe essere norma che il proponente a illustrare il perché si dovrebbe accettare una proposta e non il contrario, non credete? Inoltre, risulta comprensibile la bocciatura visto le criticità riportate da Boeri a fine febbraio 2017:

A quel punto Boeri ha però smentito di aver mai sostenuto quella proposta, che anzi ha a suo vedere “un limite molto forte” in quanto “non interviene sui vitalizi in essere e quindi i risparmi saranno molto contenuti visto che il taglio insisterà solo sugli attuali parlamentari, quelli che devono ancora percepire il vitalizio, concentrandosi su quella parte di soggetti che ha già subito delle riduzioni salvando invece coloro che da anni percepiscono vitalizi molto alti”. Non solo. Le indicazioni che arrivano dal Movimento 5 Stelle “trascurano un aspetto importante: è infatti possibile fare cambiamenti attraverso il regolamento della Camera se si incide unicamente sui pagamenti fatti ai parlamentari mentre quando si sostiene che i vitalizi vanno equiparati ad altre pensioni, e quindi che potranno essere cumulati con quelli di altre gestioni, allora c’è bisogno di una norma di legge”. E “va creata anche una gestione presso l’Inps o qualche cassa ad hoc dove poter accreditare questi contributi”.

Una ritrattazione, come scrive Di Maio? In realtà nel video tratto da Presa diretta Boeri non entra nel merito dell’iniziativa M5S. Quando il conduttore Riccardo Iacona lancia il servizio sulla proposta dei grillini dicendo: “Quello che abbiamo sentito oggi dalle conferenze stampa di Di Maio è che ci sarebbe addirittura la possibilità di farlo senza una legge, solo modificando i regolamenti”, si limita a dire “Certo, certo, è possibile farlo”. In quel momento però, come ha chiarito martedì, non aveva ancora letto la delibera, per cui non si era reso conto che comportasse la necessità di una nuova legge.

Insomma, per fare ciò che proponeva il M5S c’è bisogno di una legge, una legge che l’Ufficio di Presidenza non può approvare. Di queste cose si discuteva già 20 giorni fa, sono andate dimenticate favorendo la propaganda attuale.

Su IlFattoQuotidiano leggiamo:

“Sono scioccato. La nostra proposta è stata bocciata e abbiamo presentato un emendamento alla proposta Pd della Fedeli che richiama la proposta Richetti, emendamento giudicato inammissibile. Siamo alla follia”, ha commentato Luigi Di Maio uscendo dall’ufficio.

Quella di Matteo Richetti non è una proposta di delibera all’Ufficio di Presidenza, ma una proposta di legge (atto 3225) presentata nel 2015 e che riguarda il ricalcolo di tutte le pensioni dei deputati con il sistema contributivo, trasferendo all’Inps la gestione della previdenza dei parlamentari, andando a toccare anche gli assegni pensionistici che già vengono erogati:

Proposta di legge: RICHETTI ed altri: “Disposizioni in materia di abolizione dei vitalizi e nuova disciplina dei trattamenti pensionistici dei membri del Parlamento e dei consiglieri regionali” (3225)

[…] inoltre, il nuovo sistema viene applicato anche ai trattamenti previdenziali in essere, compresi i vitalizi attualmente percepiti che vengono definitivamente aboliti e ricalcolati secondo il nuovo sistema contributivo; […]

Art. 13.
(Rideterminazione degli assegni vitalizi).
      1. Le Camere rideterminano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli importi dei trattamenti previdenziali già in essere, comunque denominati, adottando il sistema contributivo di cui alla presente legge. In ogni caso l’importo non può essere inferiore a quello dell’assegno sociale di cui all’articolo 3, commi 6 e 7, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
2. I parlamentari cessati dal mandato che già beneficiano di un trattamento previdenziale o di un assegno vitalizio e che non hanno compiuto sessantacinque anni di età continuano a percepire gli emolumenti ricalcolati con il sistema contributivo di cui agli articoli 6, 7 e 8.
3. I parlamentari cessati dal mandato e che non percepiscono ancora un trattamento previdenziale o un assegno vitalizio hanno accesso al trattamento previdenziale al compimento del sessantacinquesimo anno di età ai sensi degli articoli 6, 7 e 8.
4. Per quanto non previsto dalla presente legge si applicano, in quanto compatibili, le norme generali che disciplinano il sistema pensionistico obbligatorio dei lavoratori dipendenti delle amministrazioni statali.

Insomma, due mondi completamente diversi.

David Puente

Nato a Merida (Venezuela), vive in Italia dall'età di 7 anni. Laureato presso l'Università degli Studi di Udine, opera nel campo della comunicazione e della programmazione web.
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