Il 3 e il 4 aprile 2017 il giornale “Novaya Gazeta” (dove scriveva la giornalista Anna Politkovskaja) pubblica due articoli dal titolo “Убийство чести” (“Delitto d’onore“) e “Расправы над чеченскими геями (18+)” (“Strage gay ceceni“). Il primo articolo di Elena Malishina e Irina Gordienko si parla di “Delitto d’onore“, una misura che punta a “levar via la vergogna” della famiglia uccidendo l’autore della stessa. In questo caso la “vergogna” è il fatto di avere un familiare omosessuale. Diversi siti e testate italiane, e non solo, hanno parlato di “campi di concentramento“, ma in nessuna parte dei due articoli di Elena e Irina viene riportato ciò nonostante i racconti dei testimoni facciano pensare ciò.
Elena e Irina parlano di “rastrellamento preventivo“, dove gli omosessuali vengono di fatto arrestati e torturati “a scopo preventivo“. Sarebbe stato individuata anche una struttura dove i perseguitati vengono trattenuti, un vero e proprio centro di detenzione da dove (se tutto va bene) vengono rilasciati dopo essere stati interrogati per scoprire la loro rete di contatti e l’identità di altri omosessuali. L’obiettivo è chiaro: diffondere il terrore tra gli omosessuali, invitandoli di fatto a lasciare il Paese (se vogliono sopravvivere).
Le testimonianze riportate negli articoli di Elena e Irina parlano chiaro, vi riporto una traduzione (a grandi linee) di quanto ha dichiarato uno dei sopravvissuti:
È simile a una prigione chiusa, non è nota la sua esistenza. La stanza accanto era quella dei ‘siriani’, ragazzi sospettati di avere legami con coloro che combattono in Siria, o loro parenti, oppure coloro che sono semplicemente andati in Siria o che son fuggiti da casa. Se ne stanno li da anni. Eravamo qualche decina di persone, un numero in continua crescita, qualcuno lo lasciavano andare, qualcuno nuovo arrivava. Ci siamo seduti in una grande stanza con gli altri detenuti. Siamo rimasti seduti lì per giorni, alcuni per settimane o mesi. Ci portavano tre volte al giorno in bagno. Più volte al giorno siamo stati presi e picchiati, lo chiamavano ‘interrogatorio’, ‘prevenzione’, ‘sviluppo’. Il compito principale era quello di scoprire la nostra rete di contatti. Se sei sospettato di essere omosessuale cercano tutti i tuoi contatti. Ecco perché i nostri cellulari non sono spenti durante la nostra detenzione, rimangono in attesa che qualcuno ci scriva o ci chiami. Spesso chiamano i nostri contatti in maniera fraudolenta invitandoli ad un incontro con qualsiasi pretesto. Ci legano le mani con dei fili dove fanno passare corrente elettrica tramite una dinamo, fa male. Ho sofferto tanto, ho anche perso conoscenza e sono caduto. Per tutto il tempo si sentono grida di persone. Una volta importati iniziano a torturarti. Oltre alla corrente ti colpiscono con tubi di polipropilene, picchiandoci sotto la vita, gambe, cosce, glutei e le parti basse della schiena. Dicevano che siamo dei cani che non hanno diritto di vivere. Un altro è stato picchiato con delle aste e bastoni. Uno dei detenuti è stato torturato in modo tale da avere ferite aperte, era assolutamente rotto, lo avevano fatto tornare dai suoi parenti ma dopo qualche tempo abbiamo saputo che era stato sepolto. Oltre alle torture fisiche venivamo derisi e umiliati: abusati, costretti a pulire, era normale che ci sputassero in faccia.
In merito alle accuse mosse da Novaya Gazeta non sono mancate le dichiarazioni di Alvi Karimov, il portavoce del leader ceceno, che come riportato da Interfax.ru ha risposto così:
“Появившаяся публикация – это абсолютная ложь – нельзя задерживать и притеснять того, кого попросту нет в республике”, – заявил Каримов “Интерфаксу” по телефону в субботу.
Tradotto: “Hanno pubblicato un articolo che racconta una menzogna assoluta, non è possibile detenere e perseguitare coloro che semplicemente non ci sono nel Paese”
Insomma, per Karimov gli omosessuali non esistono in Cecenia, una dichiarazione in linea con le accuse mosse dalle due giornaliste Elena e Irina in merito alla “vergogna” e al “delitto d’onore“: “è una vergogna ammettere che esistono, quindi neghiamo“.
Di seguito alcune foto riprese dagli articoli di Novaya Gazeta.
Per i fanatici “pro Putin”, che viene fatto passare per un grande nemico dell’Islam, sappiate che la Cecenia è una Repubblica appartenente alla Federazione Russa (comandata da Putin) di religione islamica sunnita. Il leader ceceno Ramzan Kadyrov è figlio dell’ex Presidente Akhmad che dagli anni novanta si dedicò all’attività religiosa (viene considerato un imam russo).
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