Di recente sono state pubblicate le foto del piccolo Omran Daqnish, il noto “bambino ferito sul sedile arancione ad Aleppo“. Sta bene e insieme alla sua famiglia vive ancora in Siria. Di lui ne avevo parlato in un articolo del 21 agosto 2016 spiegando i deliri complottistici di coloro che avevano sostenuto che fosse tutta una messa in scena e che il bambino non era affatto ferito (mettendo in dubbio anche la sua “reazione emotiva“). Ecco punto per punto le tesi diffuse all’epoca:
I problemi riscontrati dall’autore dell’articolo sono:
- il bambino sarebbe “apparentemente ferito”;
- l’ambulanza è nuovissima e molto ben attrezzata;
- il bambino non mostra alcuna reazione;
- il bambino viene lasciato solo senza essere sorvegliato;
- circa 15 uomini intorno alla scena che non fanno nulla;
- fotografi e giornalisti si troverebbero in una zona di guerra appena bombardata senza alcuna paura di un secondo attacco;
- la presenza dei “Caschi bianchi”;
- il sangue nella testa di uno uomo che non scorre e che “normalmente” dovrebbe sporcare tutta l’ambulanza;
- la quantità di sangue presente nei corpi non sarebbe abbastanza;
- non sarebbero state applicate le bende o qualsiasi altra cosa serva per fermare una “vera ferita” sanguinante alla testa.
Nel mio articolo avevo analizzato non solo queste teorie, ma avevo anche spiegato l’esistenza storica e l’uso delle foto sceniche oltre che aver raccontato chi erail fotografo siriano tirato in ballo, Mahmoud Raslan. Pensate che persino il presidente siriano, Assad, dichiarò che la foto di Omran fosse un fake e che c’erano altre foto di bambini realmente colpiti (“We have real pictures of children being harmed, but this one specifically is a forged one” – video). L’articolo è molto lungo per sintetizzarlo, vi invito a leggerlo: link.
Il padre di Omran ha rilasciato nello stesso giorno tre interviste: la prima ad un giornalista iraniano di Al-Alam TV, la seconda a una alla televisione libanese Al-Mayadeen (filo-Assad) e la terza alla giornalista Kinana Allouche.
In una di queste dichiarò che i ribelli gli avevano offerto denaro per rilasciare interviste contro il governo siriano:
Omran’s dad tells how “rebels” traded with blood of his son and how he was offered money to do interviews and attack the Syrian govermemt
Oltre ad aver sostenuto che i ribelli gli avrebbero offerto denaro in cambio di interviste contro Assad, sostiene che non vi furono aerei quella sera del bombardamento. Una dichiarazione in linea con la posizione del governo siriano e degli alleati russi, i quali accusarono invece i gruppi terroristici. Ecco cosa riporta Sputnik:
Omran e la sua famiglia erano rimaste vittima di un bombardamento ad Aleppo nell’estate del 2016. I media occidentali hanno attribuito l’attacco alle truppe governative, mentre Damasco e Mosca hanno rigettato quest’accusa. In seguito il ministero della Difesa russo ha spiegato che, in base alla modalità dell’attacco e delle armi usate, la responsabilità del bombardamento è da attribuirsi unicamente ai gruppi terroristici.
In molti dubitano della sincerità del padre nelle interviste da lui rilasciate. Vivendo insieme alla sua famiglia nelle zone controllate dal governo siriano, non è chiaro a molti se fosse stato costretto a rilasciare tali dichiarazioni o gli siano stati offerti benefici in cambio di dichiarazioni contro gli oppositori ribelli.
Nel famoso video trovate anche il padre, proprio quello intervistato dalla televisione libanese:
A questo punto arrivano siti internet come ImolaOggi che pubblicano titoloni clickbait come “Siria: il padre di Omran svela la bufala del bimbo “salvato dagli elmetti bianchi”“. Le interviste non negano affatto l’accaduto dello scorso agosto: il bambino venne realmente colpito dalle macerie e venne soccorso (dai Caschi Bianchi) assieme alla sua famiglia. Non solo, bisogna ricordare che nel disastro perse la vita anche suo fratello maggiore proprio a causa del bombardamento nella zona controllata dai ribelli dove loro abitavano.
Nel mio precedente articolo avevo spiegato chi era il fotografo Mahmoud Raslan, in questo racconto chi è Kinana Allouche. Eccola in una foto pubblicata il 17 marzo (che in realtà risale al 2016), tratta dal suo profilo Facebook personale, mentre si faceva un “bel selfie” sorridente:
La foto venne contestata anche tramite i social network, ma è anche ovvio che lei come il collega ribelle vada alla ricerca di foto simboliche e utili alla propaganda della propria parte politica. Inutile negarlo, da entrambe le parti ci sono persone interessate a diffondere una narrazione a favore dei propri ideali e posizioni.
Omran rimane un simbolo della sofferenza dei bambini di Aleppo ed è stato di fatto strumentalizzato da:
- entrambe le parti in gioco nella guerra civile siriana;
- giornalisti desiderosi di dar forza alla propria parte politica;
- complottisti e sciacalli della domenica.
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