Il caso della bambina di Trento morta di Malaria fa scattare la solita polemica sugli immigrati, come se non bastassero le bufale che esaltano gli antivaccinisti. Libero Quotidiano non si lascia sfuggire l’opportunità e sbatte titoli allarmistici e infondati in prima pagina:
Occhiello: “La bimba trentina di 4 anni morta di Malaria”
Titolo: “DOPO LA MISERIA PORTANO MALATTIE”
Sommario: “Immigrati affetti da morbi letali diffondono infezioni. Basta che una zanzara punta prima un malato e poi uno sano e quest’ultimo muore“
Ecco quanto riportato nell’articolo (PDF):
Sembra quasi certo che a trasmettergliela siano stati due fratellini del Burkina Faso, Africa nera, figli di immigrati. I piccoli erano tornati nel Paese d’origine per le vacanze e lì si sono ammalati. Rientrati in Italia, sono stati curati e grazie a Dio ora stanno bene, ma la sfortuna – e anche un po’ di malasanità – ha fatto sì che una zanzara pungesse nuovamente i ragazzini infetti e poi la piccola italiana, iniettandole la morte.
L’articolo prosegue con una serie di difese personali di fronte ad imminenti attacchi e critiche, ampiamente meritate, seguito da tante parole su immigrazione e “buonismo” (per fortuna niente sui Buondì).
Le modalità di contagio
Innanzitutto bisogna chiarire una volta per tutte che la Malaria non si trasmette direttamente da una persona all’altra, ma attraverso la puntura di zanzare del genere Anopheles. Esistono da sempre nel nostro territorio, ma quelle adatte a trasmetterla non sono comunemente presenti in Italia, ce ne sono molto poche e sopravvivono in situazioni ecologiche particolari. Ecco quanto dichiarato da Alessandra della Torre, parassitologa del dipartimento di sanità pubblica e malattie infettive dell’Università la Sapienza di Roma, e riportato su Wired:
Le zanzare Anopheles – quelle che possono trasmettere il plasmodium – in Italia sono sempre state presenti, e anche se fortemente diminuite anche oggi abitano alcune aree della penisola. “Dire come è stato fatto che le Anopheles sono scomparse in Italia è scorretto – chiarisce della Torre – ma sicuramente oggi ce ne sono molte poche, e sopravvivono solo in situazioni ecologiche particolari”. Come spiga l’esperta, le possibilità di contagio aumentano al crescere del numero di insetti presenti, e del numero di pazienti. “Sotto una certa soglia le probabilità sono infinitesimali – assicura della Torre – e il Veneto sembra essere una zona a basso rischio con specie di zanzare poco idonee alla trasmissione della Malaria, a differenza di alcune regioni dell’Italia centrale e meridionale. Credo che, escludendo problemi di contaminazione ematica, l’ipotesi più probabile sia l’importazione di una zanzare infetta da un’area endemica”.
Solo di recente, e dopo l’articolo di Libero, si è scoperto che a colpire la piccola Sofia è stato lo stesso parassita che ha colpito i due fratellini ricoverati a Trento in un’altra stanza, bambini che erano rientrati da un viaggio nel Burkina Faso insieme ai genitori e un altro loro fratello. Tuttavia, non c’è la certezza che si tratti dello stesso ceppo e bisognerà ancora attendere per scoprirlo.
Le possibilità di contagio sono sostanzialmente tre:
- il contatto di sangue con una persona infetta o con materiale medico contaminato;
- una zanzara non autoctona proveniente da un paese endemico;
- una zanzara autoctona che ha contratto la malattia da una persona ammalata.
Per quanto riguarda il contatto di sangue con una persona infetta, la bambina era nello stesso ospedale dei due fratellini ammalati di malaria, ma erano in stanze diverse, le cure sono state effettuate con materiale monouso e non ci sono state trasfusioni (come dichiarato da Paolo Bordon, direttore generale dell’Azienda provinciale dei servizi sanitari del Trentino).
Per quanto riguarda la possibilità della presenza di una zanzara non autoctona proveniente da un paese endemico, una delle teorie diffuse è che sia stata trasportata all’interno di uno dei bagagli della famiglia tornata dal Burkina Faso.
Per quanto riguarda la teoria della zanzara autoctona, le possibilità che ciò sia avvenuto sono infinitamente basse anche perché deve essere un tipo di zanzara citata in precedenza e non una di quelle comunemente presenti nel nostro territorio. Libero fa chiaramente intendere zanzare in generale, ed è un errore.
Tuttavia nessuna zanzara di quel tipo è stata trovata nelle trappole sistemate nel reparto di Pediatria, piazzate apposta per poter verificare questa teoria.
Interessante sapere che insieme a Sofia c’era un’altro bambino di 3 anni nella sua stessa stanza, il quale non presenterebbe i sintomi della malattia:
Aggiungo che nella stessa stanza in cui la piccola era ricoverata per diabete c’era un bimbo di 3 anni, sempre col diabete, rimasto per lo stesso periodo, dal 16 al 21 agosto, ma che non ha manifestato sintomi di Malaria.
Quel che sappiamo è che attualmente è stata avviata un’indagine per omicidio colposo:
Intanto la Procura di Trento indaga per omicidio colposo contro ignoti. L’inchiesta, aperta d’ufficio con questa accusa, punta ad accertare se siano stati seguiti i protocolli prescritti per le cure per ricostruire con precisione le tappe cliniche che hanno portato alla morte della bimba.
L’Italia è a rischio epidemia per colpa degli immigrati?
Ho già spiegato poco fa le modalità di trasmissione possibili, ma è bene ricordare sempre che non è una malattia contagiosa e non si trasmette direttamente tra una persona e l’altra.
Ora, se prendessimo per vera la tesi delle zanzare generiche del sommario di Libero, non ci dovrebbe essere un’epidemia in tutto il Paese con numerosi italiani malati e/o morti?
In una circolare del 27 dicembre 2016 del Ministero della Salute (PDF) possiamo leggere qualche dato utile:
Dati epidemiologici recenti, relativi al periodo 2011-2015, mostrano 3.633 casi di Malaria notificati, di cui 89% con diagnosi confermata. La quasi totalità dei casi sono d’importazione, i casi autoctoni riportati sono stati sette: […]
Tra i cittadini italiani si sono riscontrati il 20% dei casi di cui il 41% in viaggio per lavoro, il 22% per turismo, il 21 % per volontariato/missione religiosa. Gli stranieri rappresentano l’80%, per quanto riguarda quest’ultimi l’81% dei casi sono da registrarsi tra immigrati regolarmente residenti in Italia e tornati nel paese di origine in visita a parenti ed amici, definiti in letteratura come Visiting Relatives and Friends e indicati con l’acronimo VRFs, il 13% tra immigrati al primo ingresso.
Ora, prima che qualcuno salti dalla sedia è bene spiegare cosa si intende per “casi d’importazione” e “casi autoctoni“: i primi sono stati contratti all’estero, mentre i secondi in Italia.
Caso importato: caso di Malaria contratta dopo soggiorno in zona di endemia con manifestazione clinica successivamente al rientro in Italia
Caso autoctono: caso di Malaria contratta con certezza sul territorio nazionale, di cui seguono le successive specifiche.
– Indotto: caso con Malaria accidentalmente acquisita attraverso mezzi artificiali (trasfusioni, trapianti, contaminazioni nosocomiali);
– introdotto: caso di Malaria verificatosi sul territorio nazionale con sospetta trasmissione da parte di zanzare indigene verosimilmente infettatesi su un caso d’importazione;
– criptico: caso isolato di Malaria per il quale le indagini epidemiologiche non siano riuscite ad identificare con certezza la fonte d’infezione o a ipotizzarne ragionevolmente una (Malariada bagaglio, Malaria d’aeroporto).
Ecco come i sette casi autoctoni come hanno contratto la malattia:
[…] i casi autoctoni riportati sono stati sette: due indotti (P. falciparum e P. malariae), tre criptici (1 di P. falciparum e 2 di P. malariae), uno sospetto da bagaglio (P. falciparum), uno sospetto introdotto (P. vivax), cioè trasmesso da vettori indigeni (Allegato 1).
Questo è il dato che conta per smentire la teoria e le paura diffuse su una presunta epidemia causata dall’immigrazione irregolare.
Non solo, possiamo vedere i numeri relativi ai casi riscontrati tra il 2000 e il 2008, come riportato nello studio “Malaria surveillance in Italy: the 2000-2008 national pattern of imported cases” pubblicato nel 2010 sul “Giornale italiano di medicina tropicale“. Ecco quanto riportato in merito ai dati dello studio sul sito Epicentro.iss.it:
Nel periodo di studio sono stati rilevati 6377 casi, di cui 9 di origine autoctona e 6368 di importazione, in particolare 1749, che rappresentano il 27,5% del totale, sono stati riscontrati in cittadini italiani e 4619 (72,5%) in cittadini stranieri.
Ben 6377 casi tra il 2000 e il 2008 e 3633 dal 2011 al 2015. Pensate che nel solo periodo 1999-2000 vennero notificati dall’Istituto Superiore di Sanità un totale di 2060 casi di Malaria.
Sono numeri da tenere in considerazione per poter sostenere o meno che l’immigrazione sia colpevole di una presunta “epidemia“. Ricordo, inoltre, che quando si parla di Paesi endemici non ci si riferisce soltanto a quelli del continente africano, ma anche di Paesi del continente asiatico e sudamericano.
Le violazioni del Codice deontologico
L’articolo violerebbe il “Testo unico dei doveri del giornalista“:
Articolo 6Doveri nei confronti dei soggetti deboliIl giornalista:
- rispetta i diritti e la dignità delle persone malate o con disabilità siano esse portatrici di menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali, in analogia con quanto già sancito per i minori dalla «Carta di Treviso»;
- evita nella pubblicazione di notizie su argomenti scientifici un sensazionalismo che potrebbe far sorgere timori o speranze infondate;
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- non cita il nome commerciale di farmaci e di prodotti in un contesto che possa favorirne il consumo e fornisce tempestivamente notizie su quelli ritirati o sospesi perché nocivi alla salute.
Articolo 7Doveri nei confronti degli stranieriIl giornalista:
- nei confronti delle persone straniere adotta termini giuridicamente appropriati seguendo le indicazioni del «Glossario», allegato al presente documento (ALLEGATO 3), evitando la diffusione di informazioni imprecise, sommarie o distorte riguardo a richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti;
- tutela l’identità e l’immagine, non consentendo l’identificazione della persona, dei richiedenti asilo, dei rifugiati, delle vittime della tratta e dei migranti che accettano di esporsi ai media.
Nel momento della pubblicazione dell’articolo erano ancora in corso gli accertamenti sul caso e non è stata ancora identificata la modalità di contagio della malattia, ma Libero (e non è una novità) ha puntato il dito sugli immigrati per fare la solita campagna politica e ideologica che lo contraddistingue, difendendosi dietro una frase: “siamo sicuri che la maggior parte la pensi come noi“.
A criticare l’operato di Libero sono stati sia l’Associazione Carta di Roma e Articolo21, ma per quanto mi riguarda quello che ho appena visto nella prima pagina di Libero non è giornalismo, è “terrorismo psicologico” (sin. “Allarmismo“)
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