Il video delle torture dalla Libia a Torino via Whatsapp viene usato per una truffa

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Il 15 dicembre 2017 diverse testate giornalistiche hanno parlato di un video diffuso via Whatsapp per chiedere una sorta di “pizzo“. Ho visto il video e ho subito notato qualcosa di veramente strano, ma prima di andare avanti vediamo cosa viene raccontato.

Leggiamo dal Corriere della Sera:

TORINO – Parole giuste per descrivere le atrocità di questo nuovo racket subito dai migranti non ce ne sono. Il «pizzo» corre sui video dell’orrore. In uno di questi filmati si vede un uomo al quale viene tagliata la gola. In un altro viene ripreso un ragazzo picchiato mentre gli viene rivolta la domanda: «cuando, mañana?», ovvero, «quando, domani mattina?». Gli aguzzini vogliono sapere se domani vedranno i soldi che chiedono, altrimenti le violenze continueranno, anzi aumenteranno e potrebbero arrivare alla decapitazione, come testimonia un altro video.

La minaccia arriva via WhatsApp ai richiedenti protezione umanitaria, ora ospitati presso la cooperativa torinese l’Isola di Ariel. Sono per lo più giovani — l’età media è di 24 anni — provenienti dai Paesi subsahariani arrivati a Torino da poco tempo, salvi dopo aver attraversato il Mediterraneo su un barcone.

La brutalità delle bande

Molti di loro hanno vissuto la prigionia, ed ora, spaesati, guardano al futuro convinti di avere superato ogni violenza. Purtroppo non è così: la brutalità di quelle bande che segregano uomini, donne e bambini per ottenere denaro è ancora lì, al loro fianco, su quel cellulare che utilizzano per avere contatti con i propri famigliari, per dire loro che stanno bene. Sono gli stessi sequestratori a realizzare i video all’interno dei campi di prigionia e ad inviarli ai famigliari, i quali, non avendo denaro a sufficienza per rispondere alle loro richieste, li inoltrano a chi è arrivato in Italia chiedendo aiuto.

Ne parla anche Il Giornale:

I video choc arrivati sui cellulari dei migranti ospitati a Torino. I trafficanti chiedono di pagare il riscatto o aumenteranno le torture

Nelle immagini si vedono due migranti legati piedi e mani distesi su due letti.

Vengono torturati barbaramente e poi uno di loro ucciso. Il video è stato inviato dai trafficanti di uomini alle famiglie in Patria per chiedere più soldi. E di cellulare in cellulare, di WhatsApp in WhatsApp è arrivato anche sul telefono di alcuni richiedenti asilo ospitati dalla cooperativa torinese “L’isola di Ariel”.

Il video circolava già online in un sito nigeriano di nome Naija.ng in un articolo del 23 dicembre 2016 dal titolo “Man who bragged about stolen $28m on Facebook, found and brutally punished (photos, video)“:

A man, whose name is unknown, has recently stolen $28 million from a local cartel in Guyana. Being blinded by successfull theft the dim witted man took to social media to show off his loot flashing stacks of money on his bed. However, his euphoria didn’t last long. Shortly afterwards the cartel members found the boastful guy, took him hostage, beat him up and gave his family two days to pay the stolen cash back.

La storia raccontata dal sito nigeriano parla di un uomo che avrebbe rubato 28 milioni di dollari da un cartello della droga della Guyana, si sarebbe fotografato con i soldi e avrebbe condiviso la foto online, un errore che gli costò l’individuazione da parte degli uomini del cartello che lo avrebbero poi sequestrato, torturato e avrebbero chiesto un riscatto alla famiglia. Prima che saltiate dalla sedia, si parla di dollari della Guyana (al cambio attuale la cifra riportata equivale a circa 115 mila euro).

La storia potrebbe essere a sua volta inventata per renderla più interessante e consentirne la viralità, ma dalla Guyana arriva la testimonianza del padre dell’uomo che si lasciò intervistare del canale televisivo locale Hgptv.com il 19 dicembre 2016. Ecco il breve articolo dal titolo “Dead or alive guyanese man captured in Venezuela” che accompagna il video pubblicato su Youtube:

A North Ruimveldt father has given up hope that his son is still alive after he was taken by members of a drug cartel in Venezuela and beaten on camera over millions stolen. We warn our viewers that some of the scenes we are about to show you may not be suitable for all audiences. Here is more.

Nel video è presente anche la foto del ragazzo con i soldi appoggiati nel letto che riportano la figura di Simón Rodríguez:

Le banconote venezuelane

Si nota soprattutto la banconota da 100 bolivares:

La banconota da 100 bolivares

Ecco il video pubblicato dal canale Youtube HGPTV:

Ascoltando l’audio del video, i torturatori parlano spagnolo con un chiaro accento venezuelano. Lo stesso audio è presente anche nel video pubblicato dal Corriere della Sera.

Risulta cristallino che chi ha inviato questo video aveva il chiaro intento di truffare, ma ci sono altri elementi da tenere in considerazione. Nell’articolo del Corriere si parla di un ragazzo che avrebbe ricevuto un video che riprendeva un suo fratello completamente legato e picchiato brutalmente, ma non è chiaro se si tratta di questo video di cui ho spiegato l’origine e lo stesso articolo parla di diversi video. Non si può parlare con estrema certezza che siano tutti falsi o tutti gli altri veri, bisognerebbe visionarli e verificarli uno ad uno.

David Puente

Nato a Merida (Venezuela), vive in Italia dall'età di 7 anni. Laureato presso l'Università degli Studi di Udine, opera nel campo della comunicazione e della programmazione web.
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