Il 3 giugno 2018 alcuni utenti, come Marco Castelnuovo, avevano condiviso la foto di un Matteo Salvini provato e stanco con in mano dei documenti a dimostrazione che stesse lavorando durante un volo aereo:
Qualcuno con un occhio attento aveva notato che, ingrandendo l’immagine, il documento in mano al neo Ministro era del Ministero dell’Interno e classificato come “riservato“:
Ecco il dettaglio compromettente:
Ad aver diffuso la foto, e altre ancora, è stata l’agenzia LaPresse (qui sotto la storia raccontata dal Corriere dove viene citata la fonte):
In aereo verso il centro di accoglienza di Pozzallo: il neoministro dell’Interno Matteo Salvini immortalato sul volo Venezia-Catania, domenica. Un’immagine che è rimbalzata sui social per un motivo specifico: nella foto Salvini, penna in mano, legge un documento. Non un documento qualsiasi ma uno del ministero dell’Interno classificato come “riservato”, come si capisce meglio ingrandendo sui fogli. Riservato, eppure zoomando le prime righe sono chiaramente leggibili, così come il nome del capo della Polizia Franco Gabrielli (foto LaPresse)
Ecco la galleria fotografica pubblicata dal Corriere:
In un colpo solo possiamo rispondere a due domande:
- chi ha fatto la foto? Un fotografo associato a LaPresse;
- Salvini ha usato un volo di Stato o l’aereo “di Renzi“[1]? No, ha viaggiato in un normalissimo aereo in una normalissima tratta.
[1] Per chi non ha capito o non si ricorda: articolo 1, articolo 2.
Manca rispondere ad un’ultima domanda: che cosa contenevano quei documenti? Secondo TPI.it riguardavano il tema della pubblica sicurezza in occasioni di festività religiose:
Salvini, insomma, con la sua foto ha reso pubblici dei documenti che dovevano restare segreti. Nello specifico, si trattava di un testo del capo della Polizia Franco Gabrielli che trattava di pubblica sicurezza in occasioni di festività religiose.
Matteo Salvini dovrebbe stare attento a ciò che legge in un volo di linea, inoltre deve stare attento a quando si fa fotografare. Si potrebbe comunque valutare anche una mancata sensibilità da parte dell’agenzia che poteva evitare di diffonderla, magari censurandone il contenuto scritto e lasciando solo l’intestazione per raccontare un fatto.
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