In seguito alle polemiche nate contro Trump, in merito alla separazione dei bambini dalle loro famiglie nel confine messicano, in molti hanno preteso di dire “Lo faceva anche Obama“. Risulta vero? Non proprio.
Cos’è successo nel 2018
Per chi non ha seguito tutta la storia, è bene sapere che la questione dell’immigrazione messicana è stata uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale di Donald Trump, che aveva poi promesso “tolleranza zero“.
Dal dipartimento per la Sicurezza interna i giornalisti americani sono giunti a conoscenza che dal 19 al 30 maggio 2018 circa due mila minori erano stati separati dai loro genitori una volta superato illegalmente il confine. Il processo consiste non solo nel separarli, ma di ospitarli in strutture governative in attesa che i genitori vengano giudicati in tribunale, con il rischio di dover attendere diverse settimane se non addirittura mesi.
Mentre Donald Trump viene accusato per questa situazione, lui sostiene che la colpa sia dei democratici durante l’arco del loro mandato presidenziale. Non è propriamente così, ma lo vedremo in seguito passando prima su alcune questioni.
Le origini del problema e le accuse ai democratici
Dobbiamo andare indietro al 1997 e all’accordo di Flores (PDF), una sentenza del tribunale della California che impediva di mandare i bambini in carcere con i loro genitori. L’accordo prevedeva che venissero ospitati in strutture adeguate e sicure il più rapidamente possibile (si considerava entro circa 20 giorni), ma di fatto la separazione dalle famiglie era inevitabile. Anche se era il 1997 ed era presidente Bill Clinton, essendo una decisione di un tribunale risulta non corretto dare la colpa ai democratici.
I repubblicani hanno citato la legge Public Law 107 – 296 del 25 novembre 2002 che avrebbero votato al Congresso a maggioranza democratica, ma all’epoca il Congresso americano era a maggioranza repubblicana e che lo sponsor della legge era il repubblicanoRichard Armey. Non solo, quella legge non prevedeva la separazione dei bambini dai genitori, ma considerava solo i casi dei minori non accompagnati.
Nel 2008 il Congresso americano votò in maniera unanime (quindi sia da parte dei repubblicani che dei democratici) che i minori non accompagnati da paesi diversi dal Messico e dal Canada (quando si parla solo di Messico si sbaglia, ci sono tanti altri minori provenienti da altri paesi latini) siano affidati all’ufficio dell’inseriamento dei rifugiati o presso i loro parenti già stabili e regolari negli Stati Uniti. La firma presidenziale dell’atto fu di Bush, non di Obama, e ancora una volta non si considerava la separazione dai propri genitori.
Nel 2015 un giudice federale stabilì, ricollegandosi all’accordo di Flores, che anche le famiglie con bambini dovevano essere rilasciate il più rapidamente possibile.
Mentre Trump accusa i democratici, nel 2017 l’allora segretario alla Sicurezza interna John F. Kelly aveva dichiarato che i minori sarebbero stati separati dagli adulti (genitori o no), ammettendo che sarebbe stata una strategia per invogliare chi voleva immigrare illegalmente verso gli Stati Uniti. Tuttavia, anche in quel caso si era intenzionati a trasferirli presso le loro famiglie stabili e regolari sul territorio o in mancanza di questi in strutture adeguate (non di certo nelle “gabbie“).
Il 6 aprile 2018 il Dipartimento di giustizia aveva annunciato la politica della “tolleranza zero”, mentre il 7 maggio si esprimeva “a favore” della separazione, come spiegato anche da Thomas D. Homan (dell’U.S. Immigration and Customs Enforcement) in conferenza stampa:
“I want to be clear. DHS does not have a blanket policy on separating families as a deterrent,” said Thomas Homan, deputy director of Immigration and Customs Enforcement. “There is no new policy. This has always been the policy. But you will see more prosecutions because of the commitment to zero tolerance” of illegal border entries.
Tradotto, Homan spiegava che il DHS non aveva una vera e propria politica di separazione dei minori dalle loro famiglie, ma che non sarebbe stata neppure una politica del tutto nuova nel Paese e che si sarebbero visti ulteriori procedimenti a causa dell’annunciata “tolleranza zero“.
Quando c’era Obama
Durante l’amministrazione Obama erano stati riscontrati casi di separazione a inizio 2014, non dovuti però alla sua politica (li vedremo successivamente). L’allora Presidente era contrario a queste pratiche e si attivò nei mesi successivi per contrastarne i casi.
In un documento della Casa Bianca del 20 novembre 2014 riportava la sua contrarietà alla separazione dei minori dalle loro famiglie:
Are we a nation that accepts the cruelty of ripping children from their parents’ arms? Or are we a nation that values families, and works together to keep them together?
[…]
Over the past few years, I have seen the determination of immigrant fathers who worked two or three jobs without taking a dime from the government, and at risk any moment of losing it all, just to build a better life for their kids. I’ve seen the heartbreak and anxiety of children whose mothers might be taken away from them just because they didn’t have the right papers. I’ve seen the courage of students who, except for the circumstances of their birth, are as American as Malia or Sasha; students who bravely come out as undocumented in hopes they could make a difference in the country they love.
[…]
And that’s why we’re going to keep focusing enforcement resources on actual threats to our security. Felons, not families. Criminals, not children. Gang members, not a mom who’s working hard to provide for her kids. We’ll prioritize, just like law enforcement does every day.
Nello stesso giorno venne diffuso un altro documento in cui si puntava alla riduzione dei casi e dei tempi di separazione:
Reducing family separation for those waiting to obtain LPR status. Due to barriers in our system, U.S. citizens and LPRs are often separated for years from their immediate relatives, while they wait to obtain their LPR status. To reduce the time these individuals are separated, DHS will expand an existing program that allows certain individuals to apply for a provisional waiver for certain violations before departing the United States to attend visa interviews.
In ogni caso, la politica era quella di affidare i minori a familiari o in strutture sicure di affido, non all’interno di “gabbie” o prigioni.
La differenza sostanziale è che mentre Obama cercava di contrastare il fenomeno e lo criticava, Trump lo difendeva dando la colpa ai democratici.
La foto del 2014 e il programma televisivo “Here’s the Deal”
Circola una fotografia di due minori all’interno di una gabbia associata sia alle politiche migratorie di Donald Trump e allo stesso tempo associata all’amministrazione Obama da parte dei sostenitori dell’attuale Presidente. Venne pubblicata dal sito Azcentral.com nella galleria intitolata “First glimpse of immigrant children at holding facility“, ma risulta recentemente rimossa insieme al testo sotto riportato (tranquilli, c’è il salvataggio qui grazie alla cache di Google):
Two female detainees sleep in a holding cell U.S. Customs and Border Protection Nogales Placement Center on June 18, 2014. They are among hundreds of mostly Central American immigrant children being processed and held at the U.S. Customs and Border Protection Nogales Placement Center.
Si tratta del centro temporaneo di Nogales, di cui leggerete la storia successivamente in questo articolo.
La foto risulta alla base del servizio televisivo della giornalista Deneen Borelli durante la puntata del 30 maggio 2018 del programma “Here’s the Deal” su CRTV:
The Left tried to use a photo of “kids in cages” to sway the public against President Trump, but it BACKFIRED!
Per completezza di informazione, e viste le domande in merito, il programma di Deneen Borelli risulta ampiamente schierato contro il Partito Democratico americano, visto quanto riportato nella descrizione dello stesso:
Exposing Democrat hypocrisy, busting up leftist lies, & smacking down liberal race rhetoric — Deneen Borelli gives it to you straight.
Il caso Nogales e le foto del 2014
Sono diverse le foto del 2014. Erano state diffuse da Associated Press e dal fotografo Ross D. Franklin, scattate durante una visita del 18 giugno 2014 al centro di collocamento temporaneo del Customs and Border Protection (CBP) a Nogales, in Arizona.
Il centro era un luogo di raccolta dove i minori non accompagnati dai genitori venivano in seguito trasferiti in altre strutture o alle loro famiglie regolari negli Stati Uniti. Si trattava di una struttura temporanea avviata in seguito ad un’impennata senza precedenti di migrazione infantile dall’America centrale nel 2014.
I giornalisti che erano entrati all’interno della struttura avevano smentito le storie riguardo a maltrattamenti sui minori, nel senso che gli agenti che vi operavano sembravano sinceramente compassionevoli nei rapporti con loro (cercavano anche di adattare i pasti ai gusti dei bambini) e che la struttura era pulita e climatizzata, ma ciò non toglieva che era un vero e proprio campo di prigionia giovanile riportando fatti come l’utilizzo dei bagni chimici, di docce ampiamente criticabili e di uscite all’aria aperta limitate a tre volte a settimana (e tanto altro).
Ecco tutte le foto di Franklin scattate a Nogales:
Come ben precisato in precedenza, non si trattava di minori separati al confine dai loro genitori, ma di non accompagnati.
Le critiche di Melania Trump e l’ultima decisione di Donald
Il 17 giugno 2018 la First Lady Melania Trump, attraverso la sua portavoce Stephanie Grisham, aveva criticato l’attuale situazione sostenendo che gli Stati Uniti debbano essere un Paese che segue tutte le leggi, ma anche un Paese che governi con il cuore.
Il 20 giugno 2018 sul sito della Casa Bianca pubblica un documento, firmato da Donald Trump e illustrato in conferenza stampa, dove ci si impegna da ora in avanti a non separare più i bambini dalle loro famiglie, ma allo stesso tempo non dice che gli attuali bambini separati vengano ricongiunti con i loro cari.
Come possiamo notare non è ancora finita e il tema verrà sicuramente riproposto, nella speranza che si risolva.
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