Il 21 giugno 2018 il giornalista Gianni Riotta pubblica il seguente tweet:
La Corte Suprema russa concede #WorldCup alla polizia di sequestrare i cellulare a chiunque, russo o no, se posta sui social media critice al governo #Putin. auch
Un tweet che l’ambasciata russa non ha esitato a contestare così:
Egregio Dott. Riotta, Le chiediamo gentilmente di fornirci il fonte ufficiale del Suo messaggio. Preferibilmente sul sito della Corte Suprema della Federazione Russa. Altrimenti è una provocazione e #fakenews. Grazie.
A questo punto parte un botta e risposta:
Riotta: “Eccola gentili amici. E se volete saperne di più di fake news scrivete al 55 di via Savushkina San Pietroburgo, dove l’Agenzia Ricerca Internet ne produce a vagonate ogni giorno, come sa @FBI . Buon lavoro! https://themoscowtimes.com/news/phones-confiscate-without-criminal-prosecution-61942 …”
RussianEmbassy Italy: “Grazie per la risposta, ma 1) @MoscowTimes non è una fonte ufficiale ?? 2) Nell’ordinanza si parla del sequestro di materiale a potenziali terroristi, non certo “a chi critica Putin”, come Lei ha scritto 3) Speriamo che si trovi bene nel nostro Paese, buon lavoro!”
Riotta: “Benissimo grazie e spero parlarne al mio rientro da voi se mi inviterete. Come sapete un giornalismo libero non cita mica solo “fonti ufficiali”, quello si usa nelle dittature totalitarie. Editto Corte Suprema confermato e vedremo se e come sarà usato. Grazie per presa atto!“
Riotta sostiene che il cosiddetto “editto Corte Suprema” sia stato confermato dall’ambasciata russa, ma in nessun caso ha confermato che si tratta di un documento contro coloro che criticano Putin. La fonte da tenere in considerazione in tutta questa discussione è sicuramente la sentenza, con un occhio all’articolo del “The Moscow Times” che il giornalista si limita a usare come prova.
La sentenza della Corte Suprema russa
La fonte del giornalista sarebbe un articolo del “The Moscow Times” dal titolo “Police Can Confiscate Phones Without a Criminal Prosecution” nel quale leggiamo:
Police can confiscate cell phones from social media users who have posted content they deem extremist, even without a criminal prosecution, according to a ruling from Russia’s top court.
Russian authorities have increasingly targeted ordinary Russians for social media activity, including handing out jail sentences for posting images and comments critical of the country’s leadership.
A ruling from the Russian Supreme Court allows the confiscation of “any property” belonging to an extremist or terrorist suspect that prosecutors say was used to commit the crime.
In queste prime tre righe bisogna fare attenzione. La prima e la terza si riferiscono ad una sentenza del 14 giugno 2018 della Corte Suprema russa, proprio quella citata dal giornalista italiano, mentre nella seconda riga vengono riportati dei casi precedenti alla stessa sentenza, come la storia pubblicata il 6 giugno 2018 riguardo un uomo condannato per aver contestato il Presidente Putin sui social.
Bisogna quinti tenere conto della sentenza della Corte Suprema russa (PDF) dove non viene citata la tipologia di reato “critica a Putin” o “critica al Governo” o simili.
Al punto 5 del documento, a pagina 3, si parla di confisca di qualunque strumento, attrezzatura o altro mezzo con il quale vengano commessi o presumibilmente commessi reati di terrorismo ed estremismo. Vengono poi citati gli strumenti sequestrabili come cellulari, personal computer o altri mezzi elettronici di comunicazione atti a trasmettere testi, audio, video collegabili al terrorismo e propaganda estremista. Si parla anche di confisca dei beni, valori e denaro atti a finanziare queste attività.
Il caso dell’attivista politico
Come mai si cerca di collegare questa sentenza e le accuse di terrorismo e/o estremismo alle “critiche a Putin“? Bisogna tornare alla seconda riga dell’articolo del “The Moscow Times” dove viene linkato quello relativo alla storia dell’uomo condannato per aver contestato il Presidente Putin su Vkontakte definendolo “il più grande colpevole” in un post contenente linguaggi atti a istigare attività estremiste:
A 51-year-old electrician from Russia has received a two-year suspended sentence for online posts critical of President Vladimir Putin.
Vladimir Yegorov was accused of extremism in 2016 for writing a post saying “the biggest culprit is the president” in crude language on Russia’s popular Vkontakte social network. The offending post “contained in its linguistic design calls to carry out extremist activities,” Russia’s Mediazona news website cited investigators as saying.
Si trattava di Vladimir Yegorov (su Facebook Egorov), un attivista politico russo all’epoca a capo di un partito locale, che gestiva un gruppo su Vkontakte dove poi aveva pubblicato quel commento nel 2016. Qualcuno tentò di dare fuoco alla sua abitazione (incendio domato in tempo prima di evitare il peggio) dopo aver condiviso nello stesso gruppo alcune indagini contro la corruzione e appropriazione indebita di una cava di sabbia. Nel 2017 partì per l’Ucraina dove intendeva chiedere asilo politico, senza riuscirci. Venne poi arrestato in Bielorussia e riportato in Russia dove venne condannato per le accuse di estremismo nel 2018.
Yegorov venne condannato presso il tribunale di Tver secondo l’articolo 280 comma 2 del codice penale russo, ossia atti pubblici per l’attuazione di attività estremiste commessi attraverso l’utilizzo di mass media o reti informatiche, compreso Internet. I casi associati all’attività estremista vengono riportati nella legge federale 114 del 2002, ma trovo difficile riscontrare qualche descrizione che porti ad accusare un uomo nel commentare online “il più grande colpevole è Putin“. Che sia stata considerata la violazione all’integrità della Federazione Russa? Alla giustificazione di attività terroristiche? All’incitamento all’odio sociale?
Nel corso del processo i testimoni dell’accusa sostenevano che Yegorov era intenzionato a “rovesciare il Governo” e che il suo obiettivo era principalmente Putin, ponendo un atteggiamento molto negativo nei suoi confronti tanto da incitarne la violenza fisica e l’omicidio. Uno dei testimoni ha sostenuto che nel gruppo Vkontakte “Citizens of Toropets” gestito da Yegorov c’erano contenuti che giustificavano la necessità di usare la violenza contro le autorità del Paese e per la lotta alla corruzione, contenuti che secondo l’accusa potevano influenzare lo sviluppo socio-culturale dei giovani. Il gruppo, infine, venne chiuso.
A sua difesa aveva sostenuto che non c’era alcun intento estremista da parte sua e che le accuse contro di lui erano volte a far tacere le posizioni di chi è critico contro il Presidente Putin e nella lotta alla corruzione.
Bisogna ammettere che post pubblici come questo (del 9 aprile 2018) farebbero pensare male:
Yegorov pubblicò su Facebook (dove scrive il suo nome “Vladimir Egorov“) l’intera condanna in un lungo post dove annuncia che non si arrenderà nel denunciare la corruzione nel suo paese, a costo di morire:
Il caso dello studente e le immagini estremiste
Un altro caso viene linkato nell’articolo del “The Moscow Times“, quello relativo ad uno studente di giurisprudenza di 23 anni, Alexander Kruze, arrestato nel 2017 per aver diffuso su Vkontakte delle immagini ritenute estremiste perché incitavano l’odio nei confronti di ebrei, comunisti e di carattere razziale nei confronti dei cittadini dei paesi del Caucaso e dell’Asia centrale.
Alexander stava per presentare la sua tesi di laurea sul tema “Estremismo” nella primavera del 2018 e dichiarò di aver pubblicato quelle immagini come parte della sua ricerca, ma le autorità non hanno creduto alla sua difesa. Non risultano, rispetto al caso di Yegorov, immagini o materiale riferito al Governo russo.
Conclusioni
L’articolo del “The Moscow Times” e i casi citati non sono sufficienti per sostenere la tesi, inoltre la sentenza della Corte Suprema (fonte primaria della discussione) non indica in maniera esplicita le “critiche al Governo” o le “critiche a Putin” come causa del sequestro di un cellulare.
I due casi riportati dal “The Moscow Times” sono molto particolari e riportano casi di giurisprudenza locali legati alla legge russa per la diffusione di materiale estremista. Tralasciando il caso dello studente, la cui sentenza risulta effettivamente criticabile e al di fuori del tema “critiche al Governo“, che Yegorov fosse un politico e acceso antagonista del leader russo risulta un dato di fatto, così come è noto il trattamento delle opposizioni nella federazione russa. Potremmo discutere a lungo di quest’ultimo problema, ma da qui a far pensare che postare semplici critiche al Governo sia sufficiente per far sequestrare il cellulare ad un russo o uno stranieri (magari durante la Coppa del Mondo) lo trovo poco convincente.
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