Una delle accuse più fantasiose sul caso Open Arms riguarda proprio lo smalto sulle unghie di Josepha riportato nelle foto pubblicate in questi ultimi giorni:
Uno dei primi a parlarne via Twitter è stata “Doluccia” (@EddaMurgo) alle 16:37 del 21 luglio in questo tweet:
#Josefa scappa dalla guerra, ma si è pitturata le unghie. Inoltre le mani non hanno l’aspetto spugnoso, tipico di quelle mani che restano in acqua per ore. Scusate, ma io non ci credo al 100%.
In seguito alle accuse mosse contro di lei, in un tweet delle 23:42 li invita a visionare un video di TGCom24:
A tutti gli idioti che stanno fantasticando sulla foto che sarebbe un fake. Andate a guardare il servizio del tgcom24 sul salvataggio di #Josefa. Capirete che siete dei poveri scemi. E che sulla Ong hanno smaltato le unghia della donna. Ma va?! ??? Capre!
Il video a cui fa riferimento viene citato dalla collaboratrice di Donadel, Francesca Totolo, in un tweet delle 21:09 della stessa sera:
#Josefa con le unghie perfette laccate di rosso dopo 48 ore in mare.Quindi:
1 I #trafficanti mettono lo smalto alle migranti
2 Sulla nave di @openarms_fund ci si diletta con lo smalto,quindi le condizioni psico-fisiche di Josefa collidono con 48 ore in mare aggrappata al relitto
Ormai la teoria del complotto è virale, su Twitter utenti come “Sabrina” (@PiovonoRoseNere) si lasciano andare invocando l’intervento di Matteo Salvini con un “nessuna pietà“:
Quante cazzo di volte avete soccorso #Josepha ?
Tra un soccorso ed un altro è andata a farsi le unghie?Ma annate a fanculo
@openarms_fund
#ONG
#scafisti@matteosalvinimi nessuna pietà
Seguono poi tanti altri account (1–2–3–4–5–6–7–8–9–11):
Il video di TGcom24 e le foto
In un articolo del 21 luglio 2018 alle ore 15:32 viene pubblicato un video che diventerà in qualche modo una delle “fonti” per il sostegno della teoria. Ecco qualche screenshot:
Vi riporto una foto condivisa in un tweet del 21 luglio 2018 alle ore 15:31 del fotografo Juan Medina, presente insieme ad altri a bordo della Open Arms:
Foto simili sono state pubblicate il 20 luglio 2018 dal fotografo Pau Barrena (qui un’altra con il dettaglio delle unghie):
I tempi sono completamente diversi rispetto a quelli del salvataggio. Non solo, la maglietta che indossa Josepha nel video di TGCom24 non è la stessa che aveva indosso al momento del salvataggio:
Dallo stile sembra che si tratti di una divisa da infermiera con le tasche frontali presumibilmente in dotazione da Open Arms.
Per giungere in Spagna, Open Arms aveva impiegato qualche giorno nel Mediterraneo e nel frattempo le avevano prestato cure e attenzione, visto la brutta esperienza appena passata. A confermare ciò è la giornalista Annalisa Camilli presente a bordo della nave:
Josefa ha le unghie laccate perché nei quattro giorni di navigazione per raggiungere la Spagna le volontarie di Open Arms le hanno messo lo smalto per distrarla e farla parlare. Non aveva smalto quando è stata soccorsa. Serve dirlo? https://twitter.com/eddamurgo/status/1020679077504733184 …
La stessa Camilli pubblica poi una foto del dopo salvataggio e precedente all’applicazione dello smalto:
Le ore di permanenza in acqua e i “mancanti” segni nelle mani
Qualche utente aveva pubblicato alcune foto come queste per sostenere la teoria (1–2):
Dalle foto scattate da Pau Barrena possiamo osservare i due corpi recuperati dal barcone, dove notiamo i segni della permanenza in acqua:
Non si può sostenere che Josepha non avesse un minimo segno di permanenza in acqua nelle mani. Potremmo provare ad osservare una delle foto “simbolo” scattate dal fotografo Juan Medina per Reuters:
Bisogna tenere in considerazione anche un altro elemento per valutare la situazione. Josepha non era rimasta immersa nell’acqua “aggrappata ad un pezzo di legno per 48 ore” (affermazione diffusa dai media che probabilmente ha tratto in inganno molti) perché al momento dell’arrivo della Open Arms si trovava a bordo di quel che rimaneva del gommone. Ecco il dettaglio nella foto di Pau Barrena dove notiamo facilmente che una delle mani è fuori dall’acqua:
Conclusioni
Non bastava quella dei “bambolotti“. La diffusione della teoria del complotto si poteva evitare se si controllavano a fondo gli elementi a disposizione e senza farsi prendere dall’emozione. Purtroppo queste situazioni alimentano un problema enorme, creano confusione, dubbi dannosi e pericolose reazioni nel breve (ad esempio scontri e insulti) e nel lungo termine (come l’alterazione della percezione della realtà).
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