Il 28 luglio 2018, in diretta dal City Lab dell’associazione Rousseau, il sottosegretario con delega all’editoria Vito Crimi rilascia le seguenti dichiarazioni (il testo completo su LoHaDetto.it):
Da una parte c’è l’informazione responsabile, cioè l’informazione che ha un responsabile, che è quella che individua con certezza che chi ha la responsabilità di quella notizia. E poi c’è lo scambio di informazioni libero, tra tutti i cittadini, che consente anche di verificare le informazioni che noi mettiamo tra virgolette “di qualità“. Quindi, quando oggi ci parlano delle “fake news“, qui ci tengo a fare questo breve accenno al discorso delle “fake news“, […] si cerca di costruire una situazione in cui si dice “la rete fornisce informazioni false, il giornale informazioni vere“. Attenzione, non sempre è così. Ripeto, i giornali hanno una responsabilità, in Rete no, nel senso che è libertà di esprimersi. Se noi cominciamo a reprimere la libertà di informazione cercando di chiudere le “fake news“, diciamo, di reprimerle, di fatto noi potremmo arrivare un giorno che qualcuno dica “dobbiamo sanzionare le bugie“, le normali bugie che ci diciamo tra di noi, perché di questo stiamo parlando. Quando si è in Rete si comunica tra persone, quando si comunica tra persone si può mentire o dire la verità, dobbiamo essere in grado di capire che quando si comunica tra persone è una comunicazione tra persone, punto! È una Rete, è una relazione che può essere anche non necessariamente corrispondere al vero ciò che la persona mi dice, ma è quello che succede normalmente quando parliamo con i nostri amici, con i nostri parenti, con i nostri colleghi.
Da una parte si smentisce correttamente un fatto, ossia “la rete fornisce informazioni false, il giornale informazioni vere“, e ricordo ai lettori le mie critiche al pessimo giornalismo che ho riscontrato nelle varie testate italiane (“Giornalismo 2.0“, ricordatevelo questo articolo). Dall’altra, invece, sdogana le falsità che circolano in Rete normalizzandole in “libertà di espressione“.
La Rete è un luogo dove la libertà di espressione è sacrosanta, ci mancherebbe, così come in una pubblica piazza, in un bar, sul luogo di lavoro e via dicendo. Che sia online oppure offline, la libertà di espressione ha un limite delineato da quelle leggi italiane in vigore. Rileggiamo questa frase di Vito Crimi:
Quando si è in Rete si comunica tra persone, quando si comunica tra persone si può mentire o dire la verità, dobbiamo essere in grado di capire che quando si comunica tra persone è una comunicazione tra persone, punto!
Una persona decide di condividere messaggi accusando Alfredo Mascheroni di essere un pedofilo. Il bar di Alfredo è stato vandalizzato, così come la sua auto, ha ricevuto insulti e minacce di morte pesantissime, rovinandogli la vita. Questo fatto non lo si può circoscrivere in una semplice “comunicazione tra persone“, si è trattata di una bugia da sanzionare in maniera esemplare di fronte ai danni subiti dalla persona.
Se domani un utente mentirà pubblicamente sulla figura di Vito Crimi, con un post Facebook o tramite l’articolo di un sito bufalaro, creandogli un danno d’immagine tale da ritrovarsi insulti, ulteriori diffamazioni e minacce (come è avvenuto in passato con altri suoi colleghi parlamentari) il sottosegretario lascerà correre o cercherà di far valere i suoi diritti richiedendo anche il sequestro dell’articolo o la cancellazione del post Facebook da cui è partito tutto? Cercherà di far valere i suoi diritti portando in tribunale il diffamatore o non lo farà perché si è trattato di una “comunicazione tra persone“?
Non solo semplici utenti che tramite i social sfruttano le giuste leve per diffondere falsità, anche tramite account assolutamente falsi come quello di “Lara Pedroni“, ma professionisti della bugia e della loro viralizzazione sfruttando pagine e siti anonimi senza alcun “responsabile” facilmente riscontrabile.
I giornali hanno una responsabilità, ma ce l’hanno anche tutti coloro che usano la Rete per veicolare informazioni attraverso ogni mezzo e canale in loro possesso. Bisogna responsabilizzare l’utente, non fornirgli appigli per concepire la Rete come un “far west” dove è possibile esprimersi “in libertà“. Una bugia è una bugia, una falsità è una falsità, le responsabilità sono di tutti. Occhio a non avviare la “normalizzazione della bugia“.
Detto questo, per le minacce che ho subito da parte di “liberi utenti” ci sarà una chiamata alla responsabilità. Mi sono recentemente accordato con un legale che seguirà il caso, presentando denuncia presso le autorità competenti.
Questo articolo è sottoscritto anche da (in ordine alfabetico):
- Simone Angioni (Scientificast.it)
- Paolo Attivissimo
- Michelangelo Coltelli (Butac.it)
- Giulia Corsini (TheVision.com)
- John Dorian (“No alle pseudoscienze“)
- Elena Brescacin
- Gabriela Jacomella (Factcheckers.it)
- Charlotte Matteini (Fanpage.it)
- Maurizio Perrone (Websvelato.it)
- Juanne Pili (Fanpage.it)
- Ruggero Rollini
- Fulvio Romanin (Factcheckers.it)
- Flaminia Sabatello
- Noemi Urso (Butac.it)
- Mauro Voerzio (Stopfake)
L’elenco potrà essere aggiornato nel tempo.