L’articolo si occupa di due foto utilizzate da Avvenire e da altre testate o siti, immagini che da mesi vengono usate per parlare delle torture in Libia. Non sono foto da usare in questi casi, punto.
L’uso errato di queste foto stanno scatenando una forte reazione da parte delle tifoserie. C’è chi critica dicendo “ma questo non smentisce le torture in Libia“, mai detto. C’è chi critica dicendo “è tutto falso”, mai detto.
Non è la prima volta che mi occupo di questo tema. Nel 2017 mi è capitato per ben tre volte:
- La presunta foto dell’uomo torturato in Libia è un make up nigeriano
- Il falso video delle torture in Libia è originario del Brasile
- Il video delle torture dalla Libia a Torino via Whatsapp viene usato per una truffa
Ieri, mentre ero occupato su diversi fronti e in particolare un caso che mi stava molto a cuore per un brutto caso di minacce e ricatti ai danni di una persona con problemi di salute (leggete qui la storia), mi ritrovo taggato in una discussione Twitter dove “Elio” (@elio33044815) condivide un articolo di Repubblica del 28 agosto 2018 dal titolo “Libia, torture ai migranti. I terribili video che il Papa ha voluto vedere: “Ecco che succede a chi è rimandato indietro”“:
Il quotidiano “Avvenire” ha pubblicato immagini scioccanti di torture nei lager di quella Libia che qualcuno si ostina a chiamare “porto sicuro”
Le immagini le trovate anche nell’articolo di Avvenire del 27 agosto 2018 dal titolo “Migranti. «Riportarli indietro? Pensateci bene». I filmati che il Papa ha voluto vedere“, tranne questa:
Veniamo alla foto dove tre uomini vengono appesi per i piedi a una finestra:
Questa foto venne usata già in passato, come possiamo vedere nell’articolo di Europa.today.it del 26 novembre 2017 insieme anche a quella non pubblicata da Avvenire:
Che sia stata fornita questa galleria immagini per testimoniare le torture in Libia? Leggendo da Avvenire posso intuire come sono andate le cose, come nel caso del video della Guyana che avevo scovato nel 2017:
Una Procura della Repubblica ha richiesto e acquisito, il 28 agosto, i video dei lager libici mostrati a papa Francesco di cui Avvenire ha dato notizia. I reportage del nostro giornale sui centri in Libia sono stati acquisiti dalla Corte Internazionale di giustizia dell’Aja.
[…] Ha visto questo papa Francesco. Ha voluto che gli venissero mostrati quei video dei lager libici arrivati attraverso il tam tam degli smartphone di chi, invece, ce l’ha fatta ad uscirne vivo.
Come nel caso del video della Guyana, spacciato per un video ripreso in Libia, la storia si ripete. Infatti era giunto in Italia tramite messaggi sul cellulare via Whatsapp:
La minaccia arriva via WhatsApp ai richiedenti protezione umanitaria, ora ospitati presso la cooperativa torinese l’Isola di Ariel.
Di queste foto se ne era occupato anche Snopes, ma è bene fare un ripasso per sicurezza. Partiamo dalla prima immagine, quella dell’uomo legato con una corda:
È una foto molto diffusa, usata spesso da novembre 2017 in poi anche di recente (come da Il Fatto). Non viene riportata la fonte o la presunta tale, tranne che nel sito Milanoinmovimento.com dove in un articolo del 12 agosto 2017 si ritiene sia stata scattata da Alessio Romenzi per Unicef. Così come per altre foto presenti nel pezzo, anche se una risulta essere di Daniel Etter e un’altra di Hani Hamara rischiando di creare ulteriore confusione sull’origine “certificata“. Ho contattato Alessio, il quale mi informa che la foto non è sua. Punto e a capo, al momento non abbiamo traccia certa della sua origine.
Al contrario, la foto degli uomini appesi con una corda ai piedi ad una finestra è quella che trova riscontri passati diversi da quelli narrati:
In un articolo del sito Tori.ng del 25 ottobre 2017 viene attribuita a tre delinquenti catturati e torturati prima di essere consegnati alla polizia, secondo un utente Facebook:
Luck has ran out on some dreaded criminals after they were caught and severely dealt with by security operatives.
According to a Facebook user, the criminals who were caught from the eastern part of the country had invaded a home to unleash terror before luck ran out on them. They were tortured and beaten mercilessly by the youths before they were handed over to the police.
L’articolo venne pubblicato nel pomeriggio del 25 ottobre 2017, mentre la foto venne pubblicata già in mattinata nel forum Nairaland.com dove si parlava dell’articolo del sito Nationalhelm.co (sprovvisto delle foto) pubblicato poco prima dell’apertura della stessa discussione del forum. Trovo la stessa foto nel sito Noislamonazis.com in un articolo del 10 ottobre 2017, precedente al sito nigeriano, tuttavia è stata caricata successivamente in data 25 novembre 2017. Ciò mantiene ancora l’attribuzione alla diffusione della foto in Nigeria e per un fatto ben diverso da quello narrato dai media.
Ci sono diversi servizi che hanno cercato di testimoniare il trattamento dei migranti in Libia, più o meno verificabili (chi sostiene che siano falsi a priori perché pubblicati da qualcuno dimostra soltanto di essere estremamente polarizzato e tendente a cascare in falsità che confermano le proprie convinzioni e posizioni). Bisogna stare attenti a cosa si pubblica e a cosa viene fornito alle autorità, che sia un politico o meno, perché questo potrebbe amplificare il tutto e creare un danno ben maggiore per tutti (nessuno escluso).
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